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Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere 2 Aprile-Giugno 2014 TRIMESTRALE DI IGIENE, TECNOLOGIA, ...

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Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere

2 Aprile-Giugno 2014

TRIMESTRALE DI IGIENE, TECNOLOGIA, MANAGEMENT DEGLI OSPEDALI E DEI SERVIZI SANITARI TERRITORIALI La sanificazione delle degenze ospedaliere: nuove strategie per la riduzione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria Indagine sui pazienti con diagnosi di patologia neoplastica deceduti nel corso dell’ultimo ricovero: valutazioni sulle procedure prescritte – Presidi Ospedalieri Azienda ULSS 12 Veneziana, anno 2011 Definizione dei profili di competenze del personale secondo Joint Commission International: la scelta metodologica del Garibaldi-Nesima Differenze nella gestione dei germi multiresistenti nelle Aziende Sanitarie Toscane Il Governo Clinico in ambito ostetrico-neonatologico-ginecologico Elevata mortalità a trenta giorni nei pazienti con scompenso cardiaco congestizio nell’ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto nel programma nazionale esiti: dato reale o anomalia di codifica? L’ospedale e la richiesta di pratiche non convenzionali L’igiene come valore primario: innovazione e sostenibilità. Il sistema PCHS -Probiotic Cleaning Hygiene System – nell’esperienza applicata ORIZZONTI

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SOMMARIO 2 Aprile-Giugno 2014

La sanificazione delle degenze ospedaliere: nuove strategie per la riduzione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria Sante Mazzacane, Gianfranco Finzi, Luigi Aparo, Pier Giorgio Balboni, Alberta Vandini, Paola Antonioli, Luca Lanzoni, Maria Teresa Camerada, Maddalena Coccagna, Alessio Branchini, Daniela Platano

Indagine sui pazienti con diagnosi di patologia neoplastica deceduti nel corso dell’ultimo ricovero: valutazioni sulle procedure prescritte – Presidi Ospedalieri Azienda ULSS 12 Veneziana, anno 2011 R. Finotto, O. Lamanna, V. Nardacchione, S. D’Alpaos, R. Gavagnin, G Marcato, G. Sanese, F. Graceffa, L. Bertoncello

Definizione dei profili di competenze del personale secondo Joint Commission International: la scelta metodologica del Garibaldi-Nesima Giuseppe Giammanco, Graziella Manciagli, Luana Carmen Tarquinio, Angelo Pellicanò

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Differenze nella gestione dei germi multiresistenti nelle Aziende Sanitarie Toscane Guarducci Silvia, Alessandri Antonella, Appicciafuoco Alberto, Carucci Elena, De Marco Francesca, Mecca Michele, Molese Valentina, Nardi Luca, Poliseno Giovanna, Santoriello Giancarlo, Vannucci Andrea

Il Governo Clinico in ambito ostetrico-neonatologico-ginecologico Grace Rabacchi, Giuseppina Poppa

Elevata mortalità a trenta giorni nei pazienti con scompenso cardiaco congestizio nell’ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto nel programma nazionale esiti: dato reale o anomalia di codifica? Remo Appignanesi, Pietro Carosi, Alessandra Ricciardi, Ilaria Pellegrini

L’ospedale e la richiesta di pratiche non convenzionali Remo Appignanesi, Ilaria Pellegrini, Alessandra Ricciardi

L’igiene come valore primario: innovazione e sostenibilità. Il sistema PCHS -Probiotic Cleaning Hygiene System - nell’esperienza applicata

L’ospedale - Periodico Trimestrale dell’ANMDO Associazione Nazionale Medici Direzioni Ospedalierie Fondato dal Prof. Pino Foltz Anno 67 - Numero 2 - aprile-giugno 2014 Direzione, Amministrazione, Redazione e Pubblicità EDICOM s.r.l. Sede legale: via Zavanasco, 2 20084 Lachiarella (MI) Sede operativa: Via Alfonso Corti, 28 - 20133 Milano tel. 02 70 63 36 94 - 70 60 21 06 fax 02 70 63 34 29 e-mail:[email protected] - www.gsanews.it Direttore responsabile: G. Serranò Direttore editoriale: G. Finzi

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44 50

Mario Pinca

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orizzonti

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Segretario scientifico: U.L. Aparo Comitato di direzione: U.L. Aparo, A. Appicciafuoco, A. Battista, F. Bisetto, S. Brusaferro, A. Carbone, F. Casassa, C. Del Giudice, O. Di Marino, B. Falzea, G. Finzi, K. Kob, R. Lanzetta, R. Li Donni, G. Matarazzo, I. Mura, G. Pelissero, A. Pellicanò, R. Predonzani, G. Schirripa, G. Serafini, D. Stalteri, M.A. Vantaggiato Comitato di redazione: U.L. Aparo, A. Appicciafuoco, C. Catananti, R. Cunsolo, G. Pelissero, C. Ponzetti, D. Stalteri, B. Zamparelli Abbonamenti Italia annuo Europa Paesi Extra Europei Copia c.c.p. 38498200

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Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST Certificazione Editoria Specializzata e Tecnica Per il periodo 1/1/2013-31/12/2013 Periodicità: TRIMESTRALE Tiratura media: 4.625 Diffusione media: 4.506 Certificato CSST n. 2013-2420 del 27/02/14 Società di Revisione: FAUSTO VITTUCCI associato a:

La sanificazione delle degenze ospedaliere: nuove strategie per la riduzione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria Riassunto Nella memoria viene affrontato il tema della sanificazione di degenze ospedaliere e delle criticità insite nelle tecniche di comune utilizzo per la pulizia delle superfici e degli arredi. Le modalità con cui queste vengono effettuate hanno una diretta attinenza con le infezioni correlate all’assistenza sanitaria (HAI). Grazie ai risultati di ricerche sperimentali condotte negli anni 2010-2013 in alcuni Ospedali italiani e nell’Ospedale di Lokeren (Belgio), viene proposto un nuovo protocollo di intervento, che prevede l’impiego di un prodotto sanificante probiotico, contenente Bacillus subtilis, Bacillus pumilus e Bacillus megaterium sotto forma vegetativa e sporigena. Questi batteri sono in grado di colonizzare le superfici su cui vengono applicati, contrastando la proliferazione delle altre specie batteriche e/o fungine potenzialmente patogene (legge di Gause), grazie ad una azione di esclusione competitiva. Lo studio ha permesso di verificare, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, sia in vitro che in situ, l’azione di tali prodotti rispetto all’impiego di trattamenti tradizionali a base di disinfettanti chimici. I risultati ottenuti dimostrano che con le nuove metodologie si ottiene una riduzione della carica di Stafilococcus aureus, Pseudomonas spp., coliformi (compreso Escherichia Coli), Candida albicans e Acinetobacter spp. di oltre l’80 % rispetto ai valori ottenibili mediante protocolli tradizionali di disinfezione chimica. Inoltre, mentre in quest’ultimo caso si verificano, nell’arco delle 24 ore, oscillazioni molto elevate della carica batterica superficiale potenzialmente patogena, i prodotti probiotici (PIP) garantiscono un valore più costante, oltre che più ridotto, del numero delle UFC (Unità Formanti Colonie) dei medesimi microrganismi, indipendentemente dalla entità dei fenomeni di ricontaminazione imputabili alla presenza di individui. In tal modo è possibile introdurre il concetto di bio-stabilizzazione nel tempo del livello di igiene delle superfici. I risultati ottenuti hanno suggerito nuovi scenari di valutazione della efficacia delle procedure di pulizia di degenze ospedaliere, che può essere quindi effettuata in termini di misurazione delle UFC/m2 di uno specifico patogeno, indipendentemente dal protocollo adottato e dal prodotto di impiego. Si è quindi giunti alla costruzione di una scala di misura, denominata “Scala degli Indici di Qualità Microbica (IMQ)”, di cui si propone l’adozione, che rappresenta uno strumento oggettivo per la stima quantitativa della contaminazione delle superfici delle degenze ospedaliere, in quanto effetto finale di un trattamento di sanificazione. Di conseguenza, alla luce dei risultati di circa 30.000 campionamenti in situ, è stato possibile anche individuare il valore di IMQ ottenibile con procedure di pulizia con prodotti probiotici. L’efficacia di un generico processo di sanificazione può quindi essere misurata e valutata oggettivamente. Un ulteriore aspetto è relativo alla sicurezza dei batteri probiotici nei confronti della salute umana. Nonostante i dati disponibili ad oggi in letteratura siano del tutto rassicuranti a questo proposito, sono state ugualmente adottate procedure di verifica della sensibilità all’azione dei comuni antibiotici dei microorganismi Bacillus spp. presenti sulle superfici sanificate. Tutti gli antibiogrammi effettuati in campo hanno confermato l’assenza di alcun genere di resistenza. Tale procedura viene integrata con test di tipo molecolare (plasmid curing) mediante analisi PCR, per accertare eventuali acquisizioni di caratteri di virulenza e/o resistenza non compresi negli antibiogrammi di routine. La nuova strategia di sanificazione proposta, P.C.H.S. Probiotic Cleaning Hygien System, determina inoltre dirette ricadute economiche, con risparmi di circa il 5-15 % rispetto alle tradizionali tecniche di disinfezione chimica. Le ricerche effettuate hanno Infine permesso di ridefinire in termini concettuali il tema dell’igiene ospedaliero. Ne consegue quindi la necessita di un salto culturale da parte degli operatori del settore, con un approccio non più centrato in via esclusiva sul particolare prodotto o protocollo sanificante utilizzato, ma su una più chiara esplicitazione di quell’insieme di tecniche e metodiche comportamentali, di formazione ed educazione del personale sanitario e di pulizia, di verifica sistematica dei risultati, tali da costituire un sistema integrato di interventi, che, nella proposta qui avanzata, è denominato “sistema PCHS” (Probiotic Cleaning Hygien System).

Sante Mazzacane*, Gianfranco Finzi*****, Luigi Aparo******, Pier Giorgio Balboni*, Alberta Vandini*, Paola Antonioli**, Luca Lanzoni*, Maria Teresa Camerada*, Maddalena Coccagna*, Alessio Branchini***, Daniela Platano**** *CIAS, Centro ricerche Inquinamento Ambientali Alta Sterilità, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara **Azienda Ospedaliero Universitaria Sant’Anna di Ferrara, Dipartimento di Controllo e Prevenzione Infezioni - Risk Management ***Dipartimento Scienze della Vita e Biotecnologie, Università degli Studi di Ferrara ****Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie, Università di Bologna *****Presidente Nazionale ANMDO ******Segretario Scientifico Nazionale ANMDO

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INTRODUZIONE Le procedure di sanificazione hanno il precipuo scopo di ridurre e contenere la proliferazione dei microorganismi presenti negli ambienti ospedalieri. Le infezioni nosocomiali (ICA) sono una delle complicanze più frequenti che possono verificarsi in strutture sanitarie. Il 5% -15% di tutti i pazienti ricoverati in ospedale possono sviluppare almeno una ICA durante il ricovero [1]. Tre studi condotti in Italia hanno mostrato una frequenza del 6,7% delle ICA [2], con prevalenza delle infezioni del tratto respiratorio inferiore seguite da infezioni del tratto urinario. Nel 1998, il Piano Sanitario Nazionale italiano ha identificato la riduzione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria come una priorità [3]. Una delle questioni più controverse e dibattute è il ruolo qualitativo e quantitativo del contesto ambientale nel processo di contaminazione del paziente, in particolare il ruolo delle superfici di confinamento e di arredo. Infatti, è noto che queste superfici agiscono come reservoirs [4] per i microrganismi, aumentando il rischio di contaminazione incrociata attraverso il contatto diretto e/o indiretto con il paziente. Per questo motivo vengono effettuate procedure di igienizzazione di tutti gli arredi e gli oggetti che interagiscono con gli individui. Comunemente, tali tecniche fanno uso di disinfettanti chimici, con i conseguenti rischi per l’inquinamento ambientale e per la sicurezza degli utenti, e con notevoli criticità di risultato [5]. Diversi sono i fattori che determinano l’efficacia biocida di un disinfettante chimico: il tempo di contatto, la concentrazione, la temperatura, il pH, la presenza di materiale organico e il tipo di microrganismo e ciò viene sottolineato per sfatare il mito secondo cui è

PAROLE CHIAVE: Contaminazione, disinfettanti chimici, probiotici, sanificazione, degenze ospedaliere

possibile impiegare un qualunque prodotto disinfettante per igienizzare una qualunque superficie. Pertanto le procedure di sanificazione effettuate mediante l’impiego di disinfettanti chimici presentano diversi svantaggi, riconducibili: „„alla limitata efficacia biocida nel tempo, che normalmente si esaurisce nell’arco di 20-30 minuti dopo l’applicazione, con successiva crescita esponenziale degli agenti microbiologici; ciò è imputabile anche al fatto che l’azione del disinfettante determina produzione di materiale organico da decomposizione, quindi nutrizionale, che favorisce la proliferazione dei microrganismi; „„alla diversa efficacia del disinfettante in funzione delle caratteristiche fisico – chimiche del supporto trattato; „„alla capacità, da parte dei microorganismi stessi, di sviluppare continue mutazioni genetiche e difese di diverso genere, atte a rendere inefficace l’azione biocida chimica, con i conseguenti fenomeni di biocida resistenza, ben descritti in letteratura; „„ai problemi allergenici e di inquinamento dell’ambiente naturale generati dall’uso massivo di sostanze chimiche che possono accumularsi in modo persistente neo grandi serbatoi naturali (suolo, acqua, aria). Tutto ciò ha peraltro determinato un processo di selezione naturale dei ceppi microbici patogeni, sempre più resistenti alle comuni tecniche di disinfezione. Recenti ricerche sperimentali hanno individuato la possibilità di utilizzare nuove metodologie di sanificazione [6] [7], che sfruttano il “principio della competizione biologica”, utilizzando prodotti probiotici (PIP) - costituiti da Ba-

cillus subtilis, Bacillus megaterium e Bacillus pumilus sotto forma vegetativa e sporigena - con carica microbica non patogena, in grado di colonizzare le superfici su cui vengono applicati, contrastando la proliferazione delle altre specie batteriche in base al principio della esclusione competitiva (legge di Gause, 1934). Tale principio consiste nel fatto che due diverse specie (batteriche e/o fungine), che insistono sullo stesso microcosmo ecologico, non possono coesistere in equilibrio stabile se fanno riferimento agli stessi substrati nutritivi, ma una delle due, normalmente la meno esigente per fattori nutrizionali, diventerà predominante rispetto all’altra, potendone causare anche l’estinzione. Da un punto di vista microbiologico per le superfici trattate con prodotti probiotici il biofilm esistente viene di fatto sostituito da un nuovo tipo di biofilm, in prevalenza formato dai nuovi microrganismi immessi artificialmente con i prodotti di pulizia. Queste procedure possono essere quindi connotate come “tecniche di biostabilizzazione” di una specie rispetto ad un’altra, non implicando pertanto un’azione biocida generalizzata, se non come effetto finale nei confronti di determinate specie microbiche. La recente disponibilità di questi prodotti biostabilizzanti, destinati quindi alla sanificazione/igienizzazione delle superfici ed al controllo della carica microbica residente, ha suggerito la conduzione di una vasta ricerca sperimentale finalizzata alla verifica quali quantitativa, sia “in vitro” che “su campo”, della loro efficacia rispetto all’impiego di trattamenti tradizionali a base di disinfettanti chimici.

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Degenza Medicina

1.a Fase 11.03.2011 14.04.11 2.a Fase 15.04.2011 16.05.2011 3.a Fase 16.07.2011 23.08.2011

Poliambulatorio

Sala T

Sala S

Cardiologia Oculistica

Ortopedia

PIP

Disinfettanti tradizionali

PIP

Disinfettanti tradizionali

Disinfettanti tradizionali

PIP

Disinfettanti tradizionali

PIP

PIP

PIP

Tabella 1 – Riassunto sperimentazioni (“ in campo”)

INQUADRAMENTO DELLE RICERCHE Come si è anticipato, la ricerca si poneva l’obiettivo di verificare, sotto il profilo quali quantitativo, l’azione di tali prodotti sia “in vitro” che “su campo” rispetto all’impiego di trattamenti tradizionali a base di disinfettanti chimici. L’efficacia delle procedure utilizzate è stata valutata confrontando il valore della carica batterica potenzialmente patogena rilevata sulle superfici di ambienti nosocomiali trattate con prodotti PIP rispetto alla analoga carica ottenuta con prodotti tradizionali e calcolandone la differenza percentuale. I microrganismi oggetto di indagine sono stati quelli ritenuti più interessanti sotto il profilo delle infezioni ospedaliere: Stafilococcus aureus, Pseudomonas species, coliformi (compreso Escherichia Coli), Candida albicans e Acinetobacter spp.. Attualmente sono in corso ulteriori indagini sperimentali per ciò che attiene al Clostridium spp.. Lo studio è stato condotto sia con prove in vitro che con prove in situ presso diverse strutture ospedaliere.

PROVE IN VITRO Lo scopo delle prove “in vitro” (UNI ISO 13697:2001) consisteva nel verificare l’efficacia dell’azione com-

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petitiva dei prodotti PIP rispetto ad altre specie batteriche in assenza di elementi esterni di disturbo (in laboratorio), ovvero di quei processi di ricontaminazione delle superfici trattate che avvengono naturalmente negli ambienti ad occupazione umana. Sono stati condotti esperimenti in vitro utilizzando campioni di materiali presenti in aree ospedaliere (cioè ceramica, PVC, gomma, vetro-china) con la soluzione a base di probiotico. Una soluzione contenente una concentrazione nota (30 x 106 cellule/ml, 15 ml/m2) di Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa e ceppi di Staphylococcus aureus è stata utilizzata per la contaminazione delle superfici di campionamento. La carica batterica è stata misurata mediante la determinazione del conteggio delle colonie su piastre RODAC (BD), contenente il mezzo TSA additivato con lecitina, istidina e Tween-20, al fine di neutralizzare l’azione dei disinfettanti. Il numero di colonie è stato determinato come carica microbica totale (TMC), o come specifico conteggio delle colonie sfruttando il metodo del ceppo specifico. Sono stati utilizzati piastre di controllo per la verifica della sterilità (1 piastra/lotto). A distanza di 1 ora dalla applicazione dei prodotti PIP sulle superfici campione, preventivamente inquinate con i vari ceppi microbici, la riduzione della concentrazione dei patogeni è risultata di 7 logaritmi (pari al 99,999%) rispetto alla conta iniziale.

PROVE IN SITU Le prove su campo reale hanno interessato diverse strutture ospedaliere italiane (l’Arcispedale Sant’Anna di Ferrara e Cona, l’Ospedale S. Giorgio di Ferrara e l’Ospedale Del Delta di Lagosanto), oltre all’Ospedale di Lokeren (Belgio). Le prime sperimentazioni sono state condotte nel 2011 in alcune aree assistenziali dello stabilimento ospedaliero Arcispedale S. Anna. Le sperimentazioni “su campo” si prefiggevano invece l’obiettivo di verificare l’azione esercitata dai PIP in condizioni nosocomiali reali e quindi in presenza di continui fenomeni di ricontaminazione delle superfici trattate. Intenzionalmente si è scelto di condurre lo studio in ambienti ospedalieri di non recente costruzione e privi di impianto di filtrazione e ventilazione meccanica dell’aria, al fine di rendere maggiormente critici i processi di inquinamento. Sono state quindi individuate due diverse aree assistenziali dell’Ospedale S. Anna di Ferrara, delle quali la prima costituita da un’area di Degenza di Medicina Generale e la seconda da un’area Poliambulatoriale. Poichè entrambe risultano articolate in due reparti ciascuna (Sala S e Sala T nel primo caso e Oculistica/Cardiologia e Ortopedia nel secondo caso), è stato possibile condurre una sperimentazione parallela, applicando il protocollo che prevedeva l’impiego di probiotici in uno dei due reparti e il protocollo con prodotti tradizionali nel reparto rimanente della medesima area. I prodotti utilizzati nel protocollo tradizionale erano a base di cloro, mentre come prodotto probiotico è stato utilizzato il prodotto commercializzato dalla Crhysal (Lommel, Belgio). In questo modo si sono potuti confrontare i risultati dei diversi metodi di sanificazione in zone

Degenza Medicina Fase 1 e 2

Poliambulatorio Fase 1 e 2

Valore Medio Finale Degenza 3a Fase (*)

Punto di campionamento

Agente patogeno

Corridoio inizio e fine

Staphylococcus aureus Coliformi spp. Pseudomonas spp. Candida spp. Acinetobacter spp.

29,56% 72,38% 93,09% 68,88%

36,64% 46,62% 64,49% 56,21% 44,74%

81,03% 79,72% 88,44% 68,47%

Pavimento servizio igienico

Staphylococcus aureus

58,75%

51,33%

85,88%

89,15% 55,28% 82,90% 74,25% 55,74% 81,56% 67,53% 50,38% 16,39%

78,13% 75,94% 67,80%

78,31% 78,57% 71,78%

Lavello servizio igienico

Coliformi spp. Pseudomonas spp. Candida spp. Acinetobacter spp. Staphylococcus aureus Coliformi spp. Pseudomonas spp. Candida spp. Acinetobacter spp.

52,50% 75,83% 50,41% 27,93% 31,25%

95,59% 85,12% 95,16% 94,86% 75,99%

Tabella 2 – Riduzione percentuale dei potenziali patogeni ottenuta con il protocollo probiotico rispetto al protocollo con disinfettanti chimici

(della stessa area) con medesima destinazione d’uso, tipologia di utenza e caratteristiche di contaminazione. A intervalli temporali prefissati sono stati rilevati i valori della carica batterica per patogeno di interesse, ottenibili mediante i due diversi sistemi di pulizia. Per verificare la replicabilità dei risultati, si è poi pensato di invertire, dopo 1 mese, il tipo di procedura di pulizia tra i reparti di ciascuna area, come mostrato nella Tabella 1, continuando le sperimentazioni per un altro mese. Le campagne di monitoraggio sono state condotte ad intervalli di tempo regolari (circa ogni 2-3 giorni), sia alle ore 07:00, immediatamente dopo gli interventi di sanificazione, che alle ore 14:00. Ogni campionamento è stato effettuato in triplo, utilizzando piastre Rodac a contatto. I campionamenti sono stati condotti in diversi punti dei reparti interessati, così schematizzabili: „„inizio pavimento del corridoio di accesso al reparto; „„fine pavimento del corridoio;

„„pavimento servizio igienico; „„lavello servizio igienico. I primi due punti sono rimasti fissi durante l’intera sperimentazione, mentre quelli riguardanti il pavimento e il lavello del Servizio Igienico sono stati scelti in modo casuale (random) volta per volta, al fine di rappresentarne fedelmente lo stato medio di contaminazione sull’intero reparto. Preventivamente sono stati svolti prelievi microbiologici per la valutazione non solo della carica microbica totale iniziale esistente, ma anche della carica microbica dei potenziali patogeni. Questo momento è stato denominato come Tempo zero (T0 ore 14,00). La sperimentazione è poi proseguita con una terza Fase, iniziata in data 22.07.2011, e cioè a distanza di circa 1 mese dal termine della seconda Fase. In quest’ultimo periodo, protrattosi fino al 23.08.2011, si sono impiegati i prodotti probiotici PIP in entrambi i reparti della Degenza di Medicina, con lo scopo di verificare un eventuale ulteriore contenimento della carica pato-

gena dopo periodi prolungati di applicazione dei PIP. In totale, in questa prima ricerca, riguardante l’Ospedale S.Anna, sono stati effettuati complessivamente 12.528 prelievi. La procedura di campionamento delle superfici e le analisi microbiologiche sono stati eseguite in base alle “Linee Guida CONTARP-INAIL”, 2005, alla “UNI EN ISO 19698:2004” e secondo le consuetudini codificate in letteratura [12]. L’impiego dei protocolli a base di probiotici, denominato PCHS, ha determinato una generalizzata compressione e stabilizzazione della carica patogena rispetto al caso delle procedure tradizionali. Una volta ottenuti i valori di carica microbica per ogni campionamento e per ogni patogeno, è stato possibile calcolarne il valore medio per ciascuna fase e per ciascun protocollo di sanificazione e quindi la riduzione percentuale della carica medesima nel caso di impiego del protocollo con probiotici rispetto all’impiego di prodotti a base di cloro (Tabella 2). Sperimentalmente si è consta-

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Figura 3 – Andamento della carica dello Staphylococcus aureus.

Figura 4 – Andamento della carica di Pseudomonas spp.

Figura 5 – Andamento della carica dei Coliformi totali

tato che un’azione prolungata dei protocolli probiotici (oltre 2 mesi) permette un sostanziale decremento/contenimento/stabilizzazione della carica microbica potenzialmente patogena rispetto al caso in cui gli ambienti siano trattati con prodotti tradizionali.

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In numerosi casi i valori di abbattimento dei microrganismi di interesse sono prossimi al 90 %, come nel caso del lavello, che rappresenta una superficie critica per il paziente, per la possibilità di contatto con le mani e altre parti del corpo.

Ulteriori sviluppi delle attività di ricerca A seguito dei positivi dati ottenuti nella prima fase della ricerca, si è voluto verificare l’ipotesi di una possibile relazione sussistente tra eventi infettivi (ICA) e caratteristiche microbiologiche ambientali. È stata quindi attivata una seconda ricerca sperimentale [3], basata su approccio integrato tra metodologia di sanificazione (sistema PCHS - Sistema Probiotico di Pulizia ed Igiene) e buone prassi igieniche (compliance delle mani), che ha permesso di constatare, in 14 mesi di campionamenti nell’Ospedale di San Giorgio di Ferrara una riduzione tendenziale di oltre il 60% degli eventi infettivi (ICA). In questo passaggio, tuttavia, dovendosi logicamente attuare una politica a tutto campo di gestione del rischio infettivo, il protocollo di pulizia non si è limitato all’impiego di un particolare prodotto igienizzante (quello a base di probiotici), ma è stato integrato con un insieme di operazioni, tra loro coordinate, che prevedevano, tra l’altro, una adeguata formazione del personale, l’utilizzo di attrezzature, panni e materiali ad elevato contenuto tecnologico, nonché un programma di verifiche e controlli atti a garantire il raggiungimento di un idoneo livello di igiene degli ambienti. L’analisi dei dati sopra esposti e la disponibilità delle risultanze di un elevato numero di campionamento (25.748) condotti complessivamente in diverse realtà ospedaliere permette un approccio più sistematico a consapevole delle procedure di sanificazione delle degenze. I risultati ottenuti, hanno permesso di constatare che nel caso di impiego del sistema PCHS (con prodotti probiotici) si ottiene: „„una compressione della carica di microrganismi potenzialmente

patogeni di oltre l’80 % rispetto al caso di utilizzo di tecniche tradizionali a base di prodotti chimici; „„la stabilizzazione della carica medesima sia nell’arco della giornata, con oscillazioni molto più contenute tra due successive sanificazioni, sia nei mesi successivi alla prima applicazione (in particolare a partire dal terzo mese). La lettura dei diagrammi riguardanti i diversi campionamenti effettuati fino ad oggi nelle varie strutture ospedaliere e per diverse superfici (Figure 3-7) è a supporto delle precedenti affermazioni. In questi grafici viene mostrato l’andamento della carica dei potenziali patogeni e della carica totale. Gli andamenti sono stati ricavati applicando l’analisi di Poisson ed i relativi intervalli di confidenza. L’intervallo di confidenza superiore rappresenta il 95-esimo percentile superiore (il 95 % dei dati raccolti ha un valore che sta al di sotto di tale limite), mentre l’intervallo di confidenza inferiore rappresenta il 95-esimo percentile inferiore (il 5 % dei dati ha un valore inferiore a quello indicato). Si può notare che al mese 0, corrispondente all’inizio della prima applicazione del sistema PCHS, e quindi al valore della contaminazione ottenibile mediante i prodotti chimici tradizionali, la carica dei microrganismi è significativamente più elevata che nel restante periodo, con una progressiva diminuzione che diventa del tutto stabile a partire dal terzo mese, in corrispondenza del quale, evidentemente, la colonizzazione da parte dei Bacillus spp. diventa predominante. La valutazione della contaminazione microbiologica La contaminazione microbica viene comunemente valutata utiliz-

Figura 6 – Andamento della carica di Candida spp.

Figura 7 – Andamento della carica di Clostridium difficile

zando metodi basati sull’analisi di piastre Rodac o Petri (mediante conteggio delle UFC per unità di superficie) contenenti terreno solido selettivo o per crescita non specifica. In letteratura è consolidato l’utilizzo dell’indice I.M.S. di Pitzurra (indice microbico di superficie), che rappresenta il valore della contaminazione totale (UFC/cm2) per le sale operatorie [12]. Tale indice è rappresentativo tuttavia dello stato di contaminazione di una superficie negli istanti immediatamente successivi ad un trattamento di sanificazione (30 minuti dopo), inteso questo come disinfezione (chimica) delle superfici di interesse, ovvero come abbattimento della carica microbiologica indistinta, riferita a tutti i microrganismi, e non solo a quelli potenzialmente patogeni.

Questo parametro, tuttavia, mal si presta alla valutazione dei risultati prima esposti. In primo luogo, mentre le sale operatorie sono da considerarsi ambienti ad elevato rischio infettivo, in cui è prevista l’assenza pressoché totale di carica batterica, non altrettanto si può dire per un reparto di degenza o per un Poliambulatorio. In secondo luogo, una volta sanificate le superfici di una sala operatoria, l’ambiente viene compartimentato e climatizzato con filtrazione assoluta. I processi di ricontaminazione che avvengono sono unicamente imputabili alla crescita naturale dei microrganismi eventualmente sopravvissuti alla disinfezione. Al contrario, nelle degenze l’aumento della carica microbica, è riconducibile soprattutto ai fenomeni di ricontaminazione per il

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Prot.tradiz. (*) 30 min dopo sanif.

Prot.tradiz. (*) 7 ore dopo sanif.

Prot. Probio. (**) 7 ore dopo sanif.

Prot.probio. (**) 24 ore dopo sanif.

5.460

9.750

1.470

3.050

E.coli

941

2.301

460

1.160

Pseudomonas spp.

439

929

121

482

C.albicans

431

1.513

378

627

UFC/m2 St. aureus

Tabella 3 – Andamento della carica microbica nel tempo (*) a base di prodotti chimici – (**) a base di probiotici

passaggio di persone e materiali ed ai fenomeni di sedimentazione gravitazionale del pulviscolo atmosferico. In terzo luogo, sempre per le degenze ospedaliere, non è utile stabilire un valore di soglia massima di contaminazione negli intervalli temporali immediatamente successivi all’atto della pulizia, poiché i processi di crescita dei microrganismi hanno natura dinamica e comportano un aumento esponenziale della conta batterica anche nell’arco di alcune ore. La valutazione della contaminazione superficiale mediante l’impiego del metodo della conta totale dei microrganismi (UFC) non è quindi per nulla descrittiva dell’effettivo rischio di contrarre infezioni da parte del paziente. Nel caso dell’impiego dei probiotici, la popolazione microbica che si consolida sulle superfici sanificate con prodotti probiotici è in massima parte costituita da Bacillus spp., considerati sicuri per la salute umana, e solo in minima percentuale è costituita da altre specie batteriche. Pertanto è conveniente utilizzare sempre il metodo del conteggio delle UFC/m2, per unità di superficie (UFC/m 2), ma ricavandola per singolo microrganismo potenzialmente patogeno. Poiché la carica batterica varia al passare del tempo, è conveniente inoltre che i campionamenti microbiologici siano effettuati alle ore 14:00, cioè a circa 7 ore di distanza dalla sanificazione del mattino, e prima

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del ripasso quotidiano. +Infatti, dalle indagini effettuate confrontando i diversi risultati per momenti diversi della giornata, si sono ottenuti i risultati esposti in Tabella 3. Si osserva a questo proposito che per il protocollo chimico le UFC/ m2 grossomodo raddoppiano dai primi istanti successivi alla disinfezione a circa 7 ore dopo; per quanto riguarda il trattamento con probiotici le UFC/m2 raddoppiano o triplicano (per effetto dei fenomeni di ricontaminazione) passando da 7 ore successive al trattamento a 24 ore dopo il medesimo, quindi con una cinetica decisamente inferiore rispetto al caso precedente. Allo stato attuale il dato di maggiore interesse risiede comunque nel fatto che a distanza di 24 ore dall’intervento di pulizia la contaminazione con protocollo probiotico risulta addirittura la metà o un terzo di quella che si ottiene con la disinfezione chimica negli istanti successivi alla disinfezione. Inoltre l’ampiezza di oscillazione dei valori nel caso dei probiotici è molto più ridotta rispetto al protocollo alternativo e quindi si produce sul campo un effetto di bio-stabilizzazione dei potenziali patogeni. Proposta di nuovi indicatori dell’igiene ambientale E’ evidente che, indipendentemente dalle modalità con cui viene espletata, la sanificazione

ospedaliera è un processo di tipo industriale, e quindi deve essere associata ad una metodologia di verifica su campo dei risultati ottenuti, con la conseguente individuazione di una scala di valori e di criteri di accettabilità degli outcomes finali. Si ritiene pertanto metodologicamente corretto proporre in questa sede l’introduzione di un Indice di Qualità Microbiologica (IQM) per la misura del livello di igiene dei reparti ospedalieri, con la esclusione delle aree classificate ad alto rischio e delle sale operatorie. Le caratteristiche della scala di misura sono le seguenti: „„le UFC/m2 rappresentano l’unità di misura assunta a campione; „„il rilevamento della contaminazione superficiale viene effettuato mediante piastre Rodac addizionate ai seguenti terreni selettivi e differenziativi: Baird Parker Agar (BD); Cetrimide Agar ; Sabouraud Dextrose Agar+CFL (SDA) e MacConkey Agar; „„le piastre devono essere appoggiate sulla superficie da campionare; deve essere effettuata una leggera pressione per 30 sec; „„i campionamento devono essere effettuati almeno in doppio (possibilmente in triplo) e le piastre, una volta incubate e lette, devono essere fotografate ed archiviate prima del loro smaltimento; „„le superfici oggetto di campionamento sono in particolare quelle con cui viene a contatto

il paziente (comodino, testata del letto etc..) e quelle delle superfici oggetto di trattamento (pavimento degenza, pavimento corridoio reparto nelle zone di massimo passaggio, pavimento bagno e apparecchi sanitari); „„devono essere monitorate le UFC/m2 dei singoli patogeni Stafilococcus aureus, Pseudomonas species, coliformi (compreso Escherichia coli), Candida albicans, Acinetobacter spp., Clostridium spp. „„devono essere monitorate anche le UFC/m2 della carica totale (ciò al fine di poter identificare, nel caso di impiego del protocollo con probiotici, la presenza dei Bacillus spp, a scopo di controllo della corretta applicazione del prodotto); „„i campionamenti devono essere effettuati a 7 ore circa dopo la sanificazione (ore 14:00), prima del ripasso quotidiano; „„il numero di campionamenti deve poter permettere il raggiungimento di un risultato statisticamente significativo. In base ai risultati esposti nelle precedenti Figure, è stato possibile individuare una scala di valori di accettabilità delle procedure di sanificazione, riportato in Tabella 4 nel caso di impiego dei probiotici. Nulla vieta ovviamente di utilizzare un qualunque prodotto alternativo a quello a base di probiotici purchè si rispettino i valori di soglia, al di sopra dei quali il risultato del trattamento di sanificazione viene giudicato negativo. Il principio cardine che si propone in questa sede consiste nel fatto che, indipendentemente dal tipo di protocollo scelto, si utilizzi un metodo unico, condiviso e oggettivo di valutazione della efficacia del trattamento, al fine di introdurre un metodo di misura dei risultati ottenuti.

Ore 14:00 S.aureus

I.Q.M. indice di qualità microbiologica < 1.000 UFC/m2

Pseudomonas spp.

< 500 UFC/m2

Coliformi totali

< 500 UFC/m2

Candida spp.

< 1.000 UFC/m2

Clostridium difficile

< 2.000 UFC/m2

Tabella 4 – Scala di accettabilità dell’Indice di Qualità Microbiologica IQM

LA SICUREZZA DEI PRODOTTI PROBIOTICI Il genere Bacillus comprende batteri gram-positivi, che si presentano in natura sotto la forma vegetativa e di spora (per questo motivo vengono definiti bacilli sporigeni); sono saprofiti, ampiamente diffusi in natura (ubiquitari) e sono comunemente isolati da ambienti, quali acqua, suolo [4] , aria, e residui vegetali in decomposizione. Tra i batteri probiotici del genere Bacillus, la specie più studiata, che si può anche trovare in alcuni integratori probiotici, è quella del Bacillus subtilis [8]. Già una decina di anni fa il suo genoma è stato completamente sequenziato e sono stati pubblicati tre studi di ricerca a favore della sua sicurezza come probiotico [9-12]. La forma vegetativa, con metabolismo aerobio e anaerobio facoltativo e con poche esigenze nutrizionali, è in grado di moltiplicarsi e di colonizzare l’ambiente competendo con altri batteri potenzialmente patogeni. La spora permette invece la permanenza del microorganismo nell’ambiente in condizioni avverse, mantenendo la capacità di germinare non appena si rinnovano condizioni favorevoli per la forma vegetativa. Gli effetti benefici di spore di B. subtilis, come preparazione probiotica, sono relativi all’equilibrio della microflora intestinale per il trattamento o per la prevenzione di disturbi intestinali [10]. I dati su infezioni sostenute da B.

subtilis sono scarsi, e nella statistica dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, riguardante le causa di morte, non ne esistono affatto. Il potenziale patogeno B. subtilis è generalmente descritto come basso o assente [9,10]. Inoltre nel genoma del Bacillus subtilis non sono stati riscontrati geni responsabili di produzione di tossine o altre sostanze nocive, quali emolisina e lecitinasi. In un esperimento (6) queste sono stati somministrate a lungo a cavie di laboratorio senza effetti collaterali. Tutti i ceppi di Bacillus spp. testati sono sensibili agli antibiotici [13]. Il fenomeno delle resistenze microbica agli antibiotici deriva soprattutto dal potenziale trasferimento genico da alcuni batteri, che possiedono questi geni di resistenza, ai batteri patogeni, che a loro volta sono in grado di acquisire resistenza o di sviluppare delle multiple antibiotico- resistenze. Nel 2008 è stato condotto uno studio sulla resistenza agli antibiotici del genere Bacillus ; tutti i ceppi si sono rilevati sensibili a tutti gli antibiotici usati frequentemente nel campo medico, come riportato dal report dell’European Food Safety Authority (EFSA) [14]. Sono stati effettuati numerosi test di tossicità acuta e subcronica sugli animali; studi “in vitro” sono stati eseguiti su un certo numero di specie, tra cui B. subtilis var. natto (5), B. indicus [9], B. coagulans [19] e B. subtilis 2335 [10], senza rilevare nessun effetto indesiderato.

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Il Bacillus subtilis è utilizzato con sicurezza nella produzione di enzimi di tipo alimentare e, negli ultimi dieci anni, ceppi ricombinanti di Bacillus subtilis sono stati utilizzati con sicurezza nella fabbricazione di una varietà di prodotti edibili bio-industriali, quali enzimi, vitamine, antibiotici, biopolimeri, additivi e per la produzione di determinati alimenti, come miso in Giappone (da B. subtilis var. natto). Gli enzimi derivati ​​da B. subtilis sono alfa-acetolattato decarbossilasi, alfa-amilasi, betaglucanasi, glutaminase, maltogenic amilasi, pullulanasi, proteasi e xilanasi . Il B. subtilis è classificato come Classe 1 (rischio nessuno) dal National Institute of Health (NIH US) [15]; non è tossigeno in base ai criteri della US Environmental Protection Agency (EPA) ed è uno dei 10 organismi ospiti a beneficiare di un’esenzione Tier I nell’ambito della normativa EPA, riguardante la classificazione del rischio. Inoltre il B. subtilis è utilizzato come inoculante nel suolo in orticoltura e agricoltura. Enzimi prodotti da B. subtilis sono ampiamente utilizzati come additivi ad attività biologica pulente in ammollo nei detersivi per bucato. Una notevole gamma di cibi fermentati si ritengono ottenuti anche per l’attività proteolitica ed enzimatica del Bacillus subtilis. Il B. subtilis ceppo QST 713 (commercializzato come QST 713 o Serenade) ha un’attività fungicida naturale, ed è impiegato come agente di controllo biologico [19]. I prodotti a base di Bacillus spp. sono popolari in tutto il mondo prima dell’introduzione degli antibiotici come vaccini subtilici, ovvero come agenti immunostimolanti per aiutare il trattamento delle malattie del tratto gastrointestinale e urinario. In conclusione è possibile affermare che i bat-

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teri del genere Bacillus, in quanto considerati sicuri, sono utilizzati in agricoltura [19, 20], orticoltura, nella alimentazione umana [21] e in veterinaria [ 22, 24]. Diverse specie di Bacillus sono state classificate GRAS (Generally Regarded As Safe) , poiché usate in processi alimentari o in preparazioni farmaceutiche, e quindi riconosciute dalla FDA ( Food and Drug Addiministration) come trattamenti per scopi umani senza effetti collaterali [16, 25, 27]. Non inducono la formazione di batteri patogeni, sono biodegradabili e sicuri per l’ambiente. Nonostante i dati disponibili ad oggi in letteratura siano del tutto rassicuranti a questo proposito, sono state ugualmente adottate procedure di verifica della sensibilità all’azione dei comuni antibiotici dei microorganismi Bacillus spp. presenti sulle superfici sanificate. Tutti gli antibiogrammi effettuati in campo hanno confermato l’assenza di alcun genere di resistenza. Tale procedura verrà integrata prossimamente con test di tipo molecolare (plasmid curing) mediante analisi PCR, per accertare eventuali acquisizioni di caratteri di virulenza e/o resistenza non compresi negli antibiogrammi di routine.

CONCLUSIONE L’utilizzo del Sistema PCHS, basato sull’impiego dei probiotici nelle procedure di sanificazione di degenze ospedaliere si è rilevato essere una tecnica di sicuro interesse, essendo in grado di ridurre dell’80 % circa ed oltre i livelli di carica batterica potenzialmente patogena, di fatto indipendentemente dalle superfici sanificate. Tuttavia un corretto sistema di pulizia delle degenze ospedaliere non è centrato solo sullo specifico agente o prodotto impiegato, ma su di un insieme integrato di

operazioni e controlli incrociati in grado di garantire le Direzioni Sanitarie in termini di efficacia del risultato complessivo e di valorizzazione e quantificazione del risultato medesimo. Quanto affermato determina comunque la necessità di un salto culturale da parte degli operatori privati e pubblici del settore, determinato dalla esigenza di approfondire sotto il profilo scientifico le consuetudini in uso, allo stato dei fatti poco o per nulla basate su idonee sperimentazioni di campo, e le corrette modalità di interpretazione e valutazione dei campionamenti microbiologici comunque condotti.

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Indagine sui pazienti con diagnosi di patologia neoplastica deceduti nel corso dell’ultimo ricovero: valutazioni sulle procedure prescritte – Presidi Ospedalieri Azienda ULSS 12 Veneziana, anno 2011 Riassunto Scopo: Finalità dell’indagine è l’approfondimento sul volume e sull’appropriatezza della prescrizione di indagini invasive e di diagnostica pesante su pazienti con limitata aspettativa di vita. Risultati: Dalla popolazione di riferimento (deceduti nell’anno 2011 durante un episodio di ricovero nei Presidi Ospedalieri di Mestre e Venezia) è stato estratto un campione sul quale è stata condotta l’indagine. Il volume di procedure prescritte è risultato superiore a Mestre (+48% rispetto a Venezia) così come la % di procedure prescritte per singolo paziente (58% contro 41% del campione è sottoposto ad almeno una procedura). La procedura più frequentemente eseguita è la TAC. Riguardo ai quesiti diagnostici posti dal medico, a Mestre la maggioranza è la “rivalutazione del quadro di malattia”, a Venezia, invece, prevalgono i motivi stadiativi e diagnostici. Il tempo intercorso tra l’ultima procedura eseguita e il decesso è di 12 giorni a Mestre e di 15 a Venezia. Confrontando il dato con la degenza media nei 2 Presidi Ospedalieri emerge come per gran parte della durata della degenza non vengono effettuate prestazioni invasive o di diagnostica pesante. Conclusioni: L’analisi condotta può rappresentare un supporto utile a verificare l’organizzazione dell’offerta della degenza ospedaliera e la revisione del setting assistenziale.

R. Finotto*, O. Lamanna**, V. Nardacchione***, S. D’Alpaos***, R. Gavagnin**, G Marcato**, G. Sanese***, F. Graceffa**, L. Bertoncello** * Direzione Sanitaria, Azienda ULSS 12 Veneziana **Direzione Medica, Ospedale dell’Angelo di Mestre, Azienda ULSS 12 Veneziana ***Direzione Medica, Ospedale Ss. Giovanni e Paolo di Venezia, Azienda ULSS 12 Veneziana

PAROLE CHIAVE: Appropriatezza, setting assistenziale, procedure invasive.

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Premessa

Scopo

In seguito al verificarsi presso i Presidi Ospedalieri Aziendali di episodi, seppur sporadici, di decesso del paziente nel corso dell’esecuzione di procedure diagnostico-terapeutiche invasive, è emersa la necessità di effettuare un approfondimento sull’appropriatezza della prescrizione di indagini invasive e di diagnostica pesante a pazienti con limitata aspettativa di vita.

Finalità dell’indagine sono: Valutare il volume e la tipologia di prestazioni invasive e di diagnostica “pesante” effettuate su pazienti a limitata aspettativa di vita, ricoverati nei 2 Presidi Ospedalieri Aziendali. Rilevare prescrizioni di esami invasivi potenzialmente inutili che possono comportare disagio per il

paziente e costi ingiustificati. Verificare l’appropriatezza del setting assistenziale previsto per la presa in carico di pazienti a limitata aspettativa di vita.

Metodo L’indagine è stata condotta su un campione di pazienti secondo le fasi riportate nel grafico1. La popolazione di riferimento è rappresentata dai soggetti deceduti nell’anno 2011 nel corso di un episodio di ricovero nei Presidi Ospedalieri di Mestre o di Venezia ed è stata individuata sulla base dei relativi tracciati SDO che soddisfano i seguenti criteri: „„presenza di almeno una diagnosi di patologia neoplastica (codici ICD9 CM compresi negli intervalli 140-208 e 230-239); „„modalità di dimissione: “deceduto”. Per l’individuazione del campione si è proceduto: „„alla definizione di una numerosità campionaria che consentisse di ottenere un campione statisticamente significativo attraverso la formula 1; „„al campionamento casuale semplice attraverso la relativa funzione di excel.

Risultati La popolazione di riferimento è rappresentata da 297 tracciati SDO a Mestre e 266 a Venezia (corrispondenti al 30% dei deceduti presso il P.O. di Mestre e al 33% dei deceduti presso il P.O. di Venezia nel 2011). Da questa popolazione è stato estratto un campione di 74 pazienti per il P.O. di Mestre e di 71 pazienti per

il P.O. di Venezia, corrispondenti rispettivamente al 25% e al 26% della popolazione di riferimento. Analizzando le corrispondenti cartelle cliniche sono state rilevate secondo un’analisi quantitativa e qualitativa le procedure cui ogni paziente è stato sottoposto durante il ricovero. Il volume di procedure per singolo paziente è visualizzato nel Grafico 2, mentre il Grafico 3 presenta la distribuzione % per tipologia delle procedure totali eseguite. L’analisi sul tempo intercorso tra l’ultima procedura eseguita durante il ricovero e il decesso, mostra come questo intervallo sia di 12 giorni a Mestre e di 15 a Venezia: se si confronta con la degenza media nei 2 Presidi Ospedalieri emerge che mediamente a Mestre l’ultima procedura è effettuata dopo appena 2 giorni di degenza, dopo 8 a Venezia, per cui per la gran parte della durata della degenza non vengono effettuate prestazioni invasive o di diagnostica pesante (Tabella 1). Alla luce delle valutazioni sul tempo trascorso tra l’ultima procedura e il decesso, sono state effettuate alcune considerazioni sulla degenza totale dei pazienti in un ospedale per acuti per essere sottoposti verosimilmente solo a procedure assistenziali e palliative. Come risulta evidente dai dati presentati nella Tabella 2, tale tempo è stimato in circa 3.600 giornate di degenza se si effettua un’inferenza statistica e si considera tutta la popolazione di deceduti per neoplasia nei due Presidi Ospedalieri nel 2011. I relativi costi ammonterebbero, considerando 700 euro come stima del costo di una singola giornata di degenza, a circa 2.500.000 euro in un anno. Per i pazienti sottoposti a procedure (43 a Mestre, pari al 58% del campione e 29 a Venezia, che corrispondono al 41% del campione) sono state ulteriormente verificate le seguenti informazioni: „„se la diagnosi è stata posta prima dell’ultimo ricovero;

Grafico 1: Fasi attraverso cui è articolata l’indagine

Formula 1

Grafico 2: Numero di procedure per paziente

Grafico 3. Distribuzione % per tipologia delle diverse procedure eseguite

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n. pazienti UU.OO Medicina Medicina II Geriatria Oncologia Ematologia Malattie infettive Radioterapia Lungodegenza Pneumologia Rianimazione Chirurgia Oncologica Chirurgia D’urgenza Neurochirurgia ORL Reumatologia Ortopedia Tot

degenza media (GG)

tempo medio tra ultima procedura e decesso (GG)

Mestre

Venezia

Mestre

Venezia

Mestre

Venezia

40

13 10 6 17

15,5

9 13,6 18,8 30,3

17

7 14 3 15,2

14 7

9,2 12,6

7 6 6 3 3 2 2 2 1

3

1 1 1 71

74

7,3 8,6

16,4 64,2 39 12,3 15,3 18 11,5 26,5 1

13,9

15,6

47 1 3 23,4

3 14,6 39,3 7,7 10,7 7 5,5 4,5 1

13

11,6

28 0 0 15,2

Mestre

Venezia

tot PP.OO.

11,6

15,2

43

27

70

498,8

410,4

909,2

1.995,2

1.641,6

3.636,8

700 euro

700 euro

1.396.640 euro

1.149.120 euro

Tabella 1. Tempo medio tra ultima procedura eseguita durante il ricovero e decesso

n. gg degenza tra ultima procedura e decesso (media) n. sogg. del campione sottoposti a procedure tot giorni di degenza del campione tra ultima procedura e decesso Inferenza statistica su tutta la popolazione di riferimento (campione = 25% della popolazione di riferimento) – tot gg di degenza tra ultima procedura e decesso stima del costo medio di una giornata di degenza stima del costo tot della degenza tra ultima procedura e decesso

2.545.760 euro

Tabella 2. Stima del costo della degenza nei giorni tra ultima procedura e decesso

„„se il paziente è stato sottoposto a cicli di chemioterapia nel corso dell’ultimo ricovero o nei 90 giorni precedenti; „„il quesito diagnostico posto dal medico all’atto della prescrizione di ciascuna procedura. Riguardo alla prima informazione, nella grande maggioranza dei casi in entrambi i Presidi Ospedalieri, la diagnosi di neoplasia risulta antecedente l’ultimo ricovero (84% nel P.O.

20

di Mestre, 85% nel P.O. di Venezia). Per quanto concerne il secondo quesito, è risultato che solamente il 12% dei pazienti sottoposti a procedure sono stati sottoposti a chemioterapia durante l’ultimo ricovero o nei 90 giorni precedenti presso il P.O. di Mestre, dato che corrisponde a 5 pazienti (3 in Ematologia e 2 in Medicina). Presso il P.O. di Venezia, invece, dei 29 pazienti sottoposti a procedure, 21 (72%) hanno effet-

tuato cicli di chemioterapia (10 in Oncologia, 1 in Rianimazione, 4 in Radioterapia, 2 in Lungodegenza e 4 in Medicina). La terza valutazione effettuata sui pazienti sottoposti ad almeno una procedura durante l’ultimo ricovero riguarda la tipologia di quesito diagnostico posto dal medico all’atto della prescrizione. Come sintetizzato nella Tabella 3, presso il P.O. di Mestre la rivalutazione del quadro di

n. procedure richieste Tipologia del quesito

Mestre

Venezia

rivalutazione quadro malattia

32

3

stadiazione

4

26

diagnosi

4

8

centramento

3

6

ricerca neoplasia primitiva (T occulto)

3

controllo post intervento/procedura

3

4 16

1

7

non specificato palliazione (es: drenaggio biliare, drenaggio urinario, canalizzazione stenosi neoplastica, toilette bronchiale) studio altre patologie/traumi concomitanti

6

1

6 4

valutazione dopo chemio/radioterapia valutazione preoperatoria

n. procedure richieste per i pz sottoposti a chemioterapia (5 a Mestre, 21 a Venezia) Mestre Venezia

1

1

3

2

1

Tabella 3. Numero di procedure per tipologia di quesito posto dal medico all’atto della richiesta

malattia è il quesito più frequentemente posto a richiesta delle prestazioni; a Venezia, invece, le richieste di procedure per stadiazione di neoplasia sono le più frequenti.

Discussione e conclusioni Posto che i campioni individuati per i due Presidi Ospedalieri sono rappresentativi delle rispettive popolazioni di riferimento, tra loro confrontabili e che le modalità dello studio sono state sovrapponibili a Mestre e a Venezia, si possono effettuare alcune riflessioni: „„ In una rilevante % di casi la diagnosi di neoplasia è antecedente l’ultimo ricovero per cui, nella maggior parte dei casi, si tratta di pazienti con diagnosi nota e a bassa aspettativa di vita. „„ Il volume totale di procedure prescritte è risultato superiore a Mestre (+48% rispetto a Venezia) così come la % di procedure prescritte per singolo paziente (58% contro 41% del campione è sottoposto ad almeno una procedura). La maggiore numerosità di procedure prescritte a Mestre rispetto a Venezia può derivare

dall’offerta più ampia di volumi e di tipologie di prestazioni invasive o di diagnostica “pesante” disponibili presso il P.O. di Mestre. La rilevante prescrizione di indagini diagnostiche, in particolare delle TAC, a pazienti con diagnosi nota e a limitata aspettativa di vita, può risultare potenzialmente inutile a fini diagnostici, per cui può rappresentare un disagio ingiustificato per il paziente, un sovraccarico di lavoro per la radiologia e un atto non appropriato con costi non giustificabili per l’Azienda. „„ Riguardo ai quesiti diagnostici posti dal medico all’atto della richiesta di ciascuna procedura, a Mestre la maggioranza è rappresentata dalla “rivalutazione del quadro di malattia”, dato coerente con il riscontro di un elevato numero di procedure prescritte in paziente con diagnosi già nota; a Venezia, invece, le procedure sono risultate più frequentemente richieste per motivi stadiativi e diagnostici. „„ A Venezia, tra i pazienti sottoposti a procedure, una proporzione maggiore rispetto a Mestre (72% contro 12%) hanno effettuato cicli di chemioterapia: questo dato può trovare riscontro nella presenza, presso il P.O.

di Venezia, dell’U.O. di Oncologia che effettua ricoveri per la somministrazione dei cicli di chemioterapia. Dalle considerazioni sopra esposte e in particolare dall’analisi sui giorni di degenza che intercorrono tra l’ultima procedura effettuata e il decesso del paziente, emergono alcune considerazioni conclusive sull’appropriatezza del setting assistenziale. Posto che i giorni di degenza tra l’ultima procedura e il decesso non sono utilizzati a fini diagnostici o terapeutici, circa 3.600 giornate di degenza in un anno risultano essere inappropriatamente trascorse dal totale dei pazienti in Ospedali per acuti (per effettuare verosimilmente solo generiche procedure assistenziali e palliative). Conseguentemente, si può stimare che la presa in carico dei pazienti in setting assistenziali più appropriati consentirebbe un risparmio di circa 2.500.000 euro all’anno. Alla luce delle considerazioni conclusive l’analisi condotta può rappresentare un supporto utile a verificare l’organizzazione dell’offerta della degenza ospedaliera e la revisione del setting assistenziale.

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Definizione dei profili di competenze del personale secondo Joint Commission International: la scelta metodologica del Garibaldi-Nesima Riassunto La definizione delle competenze degli operatori sanitari risponde all’esigenza di verificare il livello di performance dei professionisti, di standardizzare i processi di inserimento dei neo-assunti, di stimare i fabbisogni formativi, affinché l’organizzazione migliori le conoscenze delle human resources su cui essa può contare, investendo dunque in appropriati, o pertinenti, percorsi formativi. Il bisogno di individuare le competenze specifiche di tutti i soggetti che compongono un’organizzazione, intesi come risorsa-capitale intangibile che operano all’interno di ogni azienda, risponde ad un’esigenza di competitività e successo sul lungo periodo. In ambito sanitario, le competenze richieste ai professionisti crescono all’aumentare del livello di complessità e responsabilità intrinseco al carattere professionale di ogni profilo. La sperimentazione avviata presso il P.O. “Nesima” dell’ARNAS Garibaldi, sposando gli orientamenti pedagogico-metodologici di J.J. Guilbert, relativi alla formazione dei professionisti sanitari, li contestualizza a livello aziendale per trasformarli in prassi consolidata secondo gli orientamenti e gli standard di Joint Commission International.

Giuseppe Giammanco*, Graziella Manciagli**, Luana Carmen Tarquinio***, Angelo Pellicanò**** *Direttore Medico del P.O. “Nesima –ARNAS Garibaldi - Catania **Dirigente Medico – Dir. Medica P.O. “Nesima” ARNAS Garibaldi - Catania ***Master in Management in Sanità,Università degli Studi di Siena ****Commissario Straordinario ARNAS Garibaldi – Delegato Nazionale ANMDO

PAROLE CHIAVE: Joint Commission International; Job Descripiton; Competenze; Rischio Clinico; Safety

Introduzione Il lavoro di ricerca qui esposto intende sviluppare un percorso di approfondimento del Sistema Formativo Aziendale, correlato con la valutazione delle competenze delle conoscenze del personale sanitario e declinato secondo specifici pattern organizzativi. L’obiettivo principale dell’azione è il seguente: „„Analisi dei bisogni e progettazione di interventi formativi per

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lo sviluppo di singole competenze e profili professionali. „„Valorizzazione dell’elemento formativo in termini di efficacia, appropriatezza e pertinenza sia in relazione ai bisogni di salute che agli standard individuati da Joint Commission International (JCI). „„Valutazione delle conoscenze e delle attività formative svolte dal personale nell’ultimo quinquennio. „„Definizione delle competenze specifiche e delle attività caratteriz-

zanti proprie di ogni profilo professionale assegnato al P.O. “Garibaldi-Nesima”. La collaborazione sottoscritta tra l’organismo internazionale di accreditamento in sanità – Joint Commission on Accreditation for Healthcare Organization – e l’Assessorato alla Salute della Regione Siciliana, per la realizzazione del progetto “Patient Safety & Emergency Department”, si è tradotta in input utile alla progettazione di percorsi di costruzione dei profili di competenze (job description per il personale del comparto), tali da determinare ricadute sul piano dell’organizzazione del sistema formativo aziendale, in vista del soddisfacimento degli standard previsti. La metodologia di rilevazione delle competenze aggiornate e specifiche per profili professionali ha previsto il susseguirsi di due momenti: in prima battuta è avvenuta la conduzione di un’indagine descrittiva tramite distribuzione di “Schede di rilevazione dei bisogni di competenza”, sia al personale infermieristico che ai tecnici sanitari di radiologia medica, allo scopo di individuare le attività di formazione effettuate, nel periodo compreso tra il 2007 e il 2011. La fase della sperimentazione importata nel presente lavoro ha coinvolto il 20% delle strutture aziendali, sia di area funzionale medica, sia chirurgica come pure dei servizi. Conclusasi la prima fase di sperimentazione l’attività di ricerca e di valutazione verrà estesa anche alle altre categorie professionali dell’azienda, allo scopo di soddisfare lo standard previsto dal progetto promosso da Joint Commission International.

Materiali e metodi La mappatura delle figure professionali costituisce il primo passo per la predisposizione e la progettazione di piani formativi articolati secondo livelli di complessità e competenza. La costruzione di modelli che permettono l’individuazione di attività caratterizzanti ogni profilo professionale, oltre a determinare le conoscenze specifiche – assimilabili a quelle che Guilbert (2002) definisce nei termini di obiettivi educativi specifici1 – contribuisce a descrivere il percorso di formazione da intraprendere per giungere a tali competenze. Le competenze insite nello svolgimento di un determinato compito, costituiscono il risultato, o l’integrazione, di tre tipologie di abilità, che si ricollegano alle tre dimensioni di sapere, saper fare e saper essere che, però, da sole non riescono a descrivere esaustivamente la complessità dei professionisti che operano al servizio della salute:2 „„Intellettive; „„Gestuali; „„Comunicative interpersonali. Abbracciando la prospettiva pedagogica che ereditiamo da Guilbert, possiamo definire la competenza come la «capacità professionale richiesta per assumere certe funzioni […] una potenzialità la cui attuazione costituisce la performance»3, in vista di una piena valorizzazione del capitale aziendale intangibile ed un’efficace allocazione delle risorse umane disponibili. Il lavoro di ricerca realizzato ha previsto la costruzione di job description aggiornate e specifiche

per ogni profilo professionale afferente al personale del comparto, per cui già da questa breve introduzione, è possibile dedurre la differenza sostanziale che esiste tra una job description e un profilo professionale. La prima è descrivibile nei termini di una «posizione lavorativa esistente in riferimento ad un’azienda specifica […] diverso è il caso del profilo professionale che, invece, è assimilabile ad una job description decontestualizzata».4 L’esigenza di costruire profili di competenze professionali e specifiche ha previsto l’adozione, e la rielaborazione, della metodologia pedagogica di J.J. Guilbert, basata sul criterio della “pertinenza” delle attività educative, inteso come «il grado di conformità esistente tra i programmi di formazione, i problemi di salute della popolazione e le loro risorse»5 e che si fonda su due imprescindibili principi ispiratori: formazione orientata alla comunità e formazione centrata sull’apprendimento. In funzione di questi due principi ispiratori sopracitati, è possibile interpretare la portata del pensiero dell’Autore attraverso la spirale della pianificazione dell’educazione.6 La circolarità propria di un modello a spirale è tale per cui giunti a quello che viene visto come l’ultimo step di tutto il processo, questo si riattiva in maniera quasi automatica, per cui la realizzazione del momento educativo va inteso, secondo quest’ottica, sia come modificazione di comportamenti che come possibilità, offerta al discente, di sviluppare al massimo possibilità e potenzialità. In modo

1 L’Autore definisce, inoltre, i requisiti che ogni obiettivo e-ducativo specifico deve soddi-sfare per poter definirsi tale: pertinente, preciso, realizzabile, logico, osservabile, misurabile. 2 Pisacane A., Continisio I. (2007), Come fare Educazione Continua in Medicina. Il Pen-siero Scientifico Editore. Ro-ma, p. 41. 3 Guilbert J.J. (2002), ), Guida pedagogica OMS per il perso-nale sanitario, p. 6.04. 4 Evangelista L. (2007), Job description, job analysis, task analysis e profile professionali: cosa sono e a cosa servono. Reperibile sul sito: www.orientamento.it. 5 Guilbert J.J. (2002), op. cit., p. 1.47. 6 Guilbert J.J. (2002), op. cit., p. 1.05.

particolare, la fase della valutazione conferisce stabilità a tutto l’intero processo, poiché mette a confronto il livello di partenza (competenze richieste) e il livello di arrivo (conoscenze certificate/competenze possedute). Per costruire modelli educativi pertinenti è necessario procedere all’identificazione e all’analisi dei bisogni di salute della popolazione, cercando di definire le priorità degli interventi; ed è in ragione di questa considerazione metodologica che il confronto con gli obiettivi strategici del Piano Sanitario Regionale (PSR), appare imprescindibile. Il PSR fornisce, infatti, elementi utili all’individuazione di alcuni obiettivi formativi specifici, verso cui è necessario tendere: governance del sistema; politiche del farmaco; miglioramento della qualità e governo clinico; comunicazione pubblica e istituzionale; strumenti innovativi di programmazione e valutazione (Health tecnology assessment e Health impact assessment); gestione delle risorse umane; empowerment; umanizzazione delle cure; approvvigionamento di beni e servizi; riduzione dei tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni. Nell’ambito della azione Miglioramento Qualità e Governo Clinico, l’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia ha realizzato un accordo di collaborazione con l’organismo di accreditamento internazionale Joint Commission on Accreditation for Healthcare Organizations (JCAHO). Nel 2010, infatti, due Decreti Assessoriali (n. 2855/10 e n. 2720/10) hanno approvato il progetto Patient Safety & Emergency Department, quale prosecuzione del precedente Gestione del rischio clinico presso le strutture del Sistema Sanitario della Regione, il set di standard che afferiscono all’area SQE, su cui si concentra la nostra attenzione e che prevede la costruzione di job description aggiornate e specifiche per ogni profilo professionale relativo a singole specialità, la predisposizione di un sistema ef-

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Fig. 1 – Il P.O. Garibaldi-Nesima

ficace di raccolta delle credenziali di ogni operatore (afferente sia all’area medica che al comparto) e la realizzazione di iniziative formative centrate sugli effettivi bisogni di salute della popolazione (criterio della pertinenza). L’Azienda di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione “Garibaldi”, è un’azienda sanitaria pubblica con sede a Catania, “deputata ad assicurare l’accoglienza, il conforto umano e il trattamento clinico-assistenziale più appropriato a tutte le persone che ad essa si rivolgono”.7 L’azienda è articolata in tre presidi ospedalieri: Garibaldi-Centro, Garibaldi-Nesima, San Luigi-Currò, quest’ultimo in fase di dismissione in conseguenza di quanto stabilito dagli interventi in materia di programmazione sanitaria regionale. L’impostazione dell’Azienda, orientata al criterio della massima flessibilità, grazie a questa tipologia di articolazione, risponde ai principi di autonomia e responsabilità, diversificazione dei servizi e diversificazione delle linee di produzione, decentramento del potere personale. Il Presidio Ospedaliero “GaribaldiNesima” dispone di 351 posti letto in regime di ricovero ordinario e 91 in day hospital ed è sede di Dipartimento Oncologico di Terzo livello.

Le prestazioni sanitarie oncologiche erogate dalle strutture afferenti al Dipartimento si caratterizzano per multidisciplinarietà, complessità e peculiarità oncologica, con collaborazioni nel campo della ricerca e della formazione. Il Presidio è inoltre sede del Dipartimento MaternoInfantile con la presenza, all’interno del dipartimento, dei pronti soccorsi ostetrico e pediatrico. Trovano infine allocazione, all’interno del presidio, ulteriori discipline chirurgiche e mediche di media ed elevata specialità, il Centro di riferimento nazionale per la Tiroide, il dipartimento per Immagini con Servizio di radiologia interventistica, oltre alle strutture ed ai servizi sanitari di supporto ed una struttura dedicata all’attività libero professionale in regime di ricovero. Il Presidio Ospedaliero comprende tre complessi, o torri (A, B, C) con diverse unità operative di degenza; l’Hospice “Giovanni Paolo II” che ospita cure palliative e il reparto di malattie infettive; un plesso centrale che comprende poliambulatori specialistici e gli uffici di Direzione Sanitaria. Nel complesso dispone di n.30 unità operative. La distribuzione del personale, che conta complessivamente n.988 operatori, vede la prevalenza del profi-

7 Piano della Performance 2011-2013 – ARNAS Garibaldi www.ao-garibaldi.catania.it

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lo Infermieri con 463 unità pari al 46,9% del totale, seguito dal personale medico con 295 unità (29,5%). Il rapporto medici/infermieri è quindi pari a 1,6. Nel profilo dei tecnici di radiologia medica sono compresi il 3,1% degli operatori. Complessivamente l’area del comparto rappresenta il 70,5%, mentre quella della dirigenza il restante 20,5%. L’individuazione del profilo di competenze in questa fase della sperimentazione ha coinvolto la figura professionale dell’Infermiere e del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica, mentre per i profili medici il progetto ha adottato il criterio cosiddetto “conferimento dei privileges”, due dirigenti medici hanno collaborato con il progetto regionale, che ha definito le modalità di attribuzione dei privileges per l’area medica. Sono state distribuite schede di rilevazione strutturate in modo da poter riportare massimo 4 corsi di formazione effettuati per anno, dal 2007 al 2011, di cui era necessario indicare il nome del corso di formazione, la tipologia (aggiornamento/ perfezionamento/master), la durata e i crediti ECM previsti. La scelta di indicare massimo quattro corsi per anno, a cui lo strumento obbligava, non consentiva di ottenere informazioni ulteriori, quali ad esempio la regolarità di ogni professionista nei confronti dei crediti ECM previsti, piuttosto ha risposto all’esigenza di ottenere risultati di primo livello, utili alla direzione sanitaria di Presidio al fine di orientare successive azioni di rilevazione in tal senso. Ad oggi l’attività di rilevazione e costruzione delle competenze relativa agli infermieri professionali ha toccato le seguenti UU.OO. pilota: Oncologia medica – Oncoematologia; Chirurgia toracica; Anestesia e Rianimazione; Unità di Terapia Intensiva Neonatale; Chirurgia pediatrica – Pediatria; Otorinolaringoiatria; Ostetricia e Ginecologia – Pronto Soccorso ostetrico e ginecologico – Sala operatoria ostetrica e gineco-

logica; Pronto soccorso pediatrico; Pneumologia. Relativamente alla job description del profilo professionale Tecnici Sanitari di Radiologia Medica contenuta, insieme alle suddette, facciamo riferimento alle seguenti specialità: Radiodiagnostica, Radioterapia, Medicina nucleare, Fisica sanitaria, e ai fini della costruzione del modello di job description sono stati recepiti, adattati e contestualizzati gli articoli contenuti nel codice deontologico dei TSRM, precisando che durante la fase di realizzazione dello strumento sono state mantenute le stesse indicazioni metodologiche previste per gli infermieri professionali, applicando alcune differenze relative alle specificità legate al ruolo.

Risultati Lo sviluppo della ricerca ha previsto la realizzazione di due livelli di indagine: un primo step volto ad esplorare le conoscenze specifiche di cui i professionisti sanitari del P.O. “Garibaldi-Nesima” sono entrati in possesso nell’ultimo quinquennio, mediante somministrazione di un questionario strutturato; il secondo step, invece, ha previsto la realizzazione di interviste semi-strutturate a coordinatori infermieristici e tecnici sanitari di radiologia medica e, in alcuni casi, ai direttori delle UU.OO. del medesimo presidio ospedaliero mediante l’adozione e la rivisitazione del modello metodologico dell’IPASVI, che articola il profilo professionale dell’Infermiere in sei sezioni, definite “Funzioni”, o attività professionali. La descrizione di un profilo professionale mediante le funzioni da questo ricoperte ha consentito, altresì, di assumere dette funzioni come obiettivi educativi, e questa operazione metodologica si rivela essenziale al fine di progettare attività educative volte al miglioramento e all’implementazione delle competenze che ogni operatore sanitario deve possedere per erogare un’assistenza sanitaria di qualità. Il

modello così articolato è adattabile alle diverse professioni sanitarie, va da sé che le differenze peculiari emergeranno a livello di obiettivi intermedi, ossia laddove vanno indicate le competenze che distinguono un profilo professionale da un altro. Il nostro lavoro pertanto ha mutuato il modello metodologico illustrato, allo scopo di ridurre l’eventuale gap esistente tra conoscenze possedute e competenze richieste, tramite progettazione di percorsi formativi aziendali pertinenti, centrati sullo sviluppo delle competenze individuate dalle job description, definendo un modello metodologicamente applicabile all’attività di rilevazione dei bisogni formativi condotta a livello aziendale. La somministrazione delle “schede di rilevazione dei bisogni di competenze” ha coinvolto tutte le Unità Operative del presidio, individuando come figura-target gli infermieri professionali e i tecnici sanitari di radiologia medica, incluse le relative figure di coordinamento. Questo primo step di indagine si è tradotto, quindi, nella rilevazione delle competenze certificate e, grazie al passaggio successivo, ossia la categorizzazione delle stesse in aree tematiche che, secondo il principio della pertinenza recepito dal nostro lavoro, sarebbe opportuno riflettessero i bisogni di salute della popolazione considerati prioritari, e che corrispondono sia ai livelli di attività intermedi in cui i modelli job description sono articolati che ad attività formative volte ad implementare le conoscenze di base relative alla professione. Sono stati somministrati 450 questionari destinati ad altrettanti operatori del comparto, così suddivisi: 419 infermieri professionali e 31 tecnici sanitari di radiologia medica; l’attività di valutazione ha interessato, inoltre, i coordinatori delle due categorie professionali. In relazione alla partecipazione a corsi di formazione promossi dall’azienda o organizzati da altri enti, abbiamo registrato un valore annuale medio (2007-2011) pari a 120 corsi di formazione realizzati

da enti esterni, a cui corrisponde una media annua di 75,2 corsi aziendali, che è stato ottenuto sommando il numero totale di corsi promossi o meno dall’azienda diviso 5, ossia gli anni relativi alla nostra rilevazione. Lo strumento di rilevazione ci ha consentito, inoltre, di raccogliere la tematica di ogni corso di formazione effettuato, e quindi 904 corsi che, per convenzione metodologica, sono stati successivamente categorizzati all’interno delle aree intermedie di cui strumento di costruzione delle job description si compone, allo scopo di misurare l’area che ha un peso maggiore delle altre ed, eventualmente, individuare l’area intermedia che necessita di implementazione delle relative competenze mediante progettazione di attività formative specifiche. Passo successivo all’analisi descrittiva dei dati è stata, dunque, l’operazione di categorizzazione delle attività di formazione rilevate in base alle aree intermedie, qui assunte come obiettivi educativi intermedi, che se da un lato rischia di far perdere nel dettaglio il contenuto dell’attività di formazione (conoscenze), dall’altro ci consente di ricontestualizzare la metodologia di Guilbert focalizzando la nostra attenzione sull’insieme delle aggiornate capacità professionali che vengono richieste ai singoli professionisti sanitari (competenze). Le aree intermedie di inquadramento delle attività di formazione, nelle quali si è proceduto a categorizzare i singoli eventi formativi, sono le seguenti: (A1) Conoscenze di base e comuni ai Professionisti Sanitari; (B1.1) Identificare le priorità assistenziali, valutando i bisogni del paziente, il grado di autonomia e le priorità assistenziali; (B1.2) Pianificare l’assistenza; (B1.3) Realizzare interventi pianificati e garantire l’applicazione delle prescrizioni terapeutiche; (B1.4) Assistere la persona prima, dopo e durante un intervento chirurgico; (B1.5) Prevenire ed affrontare le situazioni critiche; (B2.1) Realizzare interventi di educazione terapeutica; (B3.1) Gestire il

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Fig. 2 – Modello di stratificazione della formazione aziendale

proprio lavoro nell’ambito dei servizi in cui opera; (B4.1) Autoformazione e formazione di altro personale; (B5.1) Collaborare a progetti di Ricerca selezionati sulla base dei problemi di salute prioritari e sulla qualità dei servizi; (B6.1) Educare alla Salute. Dall’attività di valutazione è emersa una maggiore polarizzazione dei corsi effettuati all’interno della sezione B1.1 (“Identificare le necessità assistenziali, valutando i bisogni del paziente, il grado di autonomia e le priorità assistenziali”), insieme ad altre due sezioni che fanno riferimento a “Realizzare gli interventi pianificati e garantire l’applicazione delle prescrizioni terapeutiche” (B1.3) e “Prevenire ed affrontare le situazioni critiche” (B1.5). Riteniamo opportuno precisare che l’attività di categorizzazione dei corsi di formazione all’interno di queste sezioni, che ricordiamo rimandano alle aree intermedie di cui il modello job description si compone, ha visto la concentrazione di un 8 Evangelista L. (2007), op. cit.

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corso all’interno di più aree, poiché la sfera delle competenze che un dato corso va ad implementare, rimanda a più sezioni dello schema. Il lavoro di ricerca portato avanti ha abbracciato le seguenti due metodologie di conduzione della job analysis:8 intervista ad una o più persone che ricoprono una posizione; intervista ai superiori di persone che ricoprono una posizione; infatti, contestualmente alla fase di analisi descrittiva delle attività formative effettuate nell’ultimo quinquennio, si è proceduto alla realizzazione di interviste semi-strutturate ai coordinatori infermieristici e tecnici che, secondo logica bottom up, vengono considerati quelli che meglio sono in grado di rilevare le competenze specifiche e le attività che caratterizzano ogni profilo professionale. A tal scopo, il nostro lavoro ha recepito e riadattato il modello descritto in precedenza che, come già anticipato, classifica gli obiettivi educativi intermedi in corri-

spondenza ad attività professionali, a loro volta ulteriormente declinabili in attività caratterizzanti il singolo profilo per ogni specialità. Proprio in relazione all’ultimo passaggio si è reso necessario coinvolgere i coordinatori dei professionisti sanitari individuati in questa prima fase di rilevazione, tramite realizzazione di interviste condotte allo scopo di integrare il modello di base con l’aggiunta di precipue attività per ogni singola specialità, riconducibili alle attività già presenti in esso, e attribuendo, mediante apposita scala di rilevazione, un giudizio di rilevanza ad ogni attività intermedia e caratterizzante, da un punteggio minimo di 1 ad un massimo di 7. L’attività di costruzione delle job description è stata preceduta da alcune indispensabili indicazioni di carattere metodologico fornite ai soggetti intervistati: l’individuazione dei bisogni assistenziali più critici dei pazienti che afferiscono alle UU.OO prese in esame e la formulazione di attività caratterizzanti mediante l’utilizzo dei verbi di azione. In merito al primo aspetto, è stato chiesto ai soggetti intervistati di ragionare criticamente sulle necessità assistenziali particolarmente critiche che richiedono una preparazione professionale elevata e il possesso di molteplici competenze. Queste ultime sono state individuate e poi formulate in linea con quanto sostenuto dal modello Guilbert. Il criterio della pertinenza mutuato dalle riflessioni di Guilbert, inteso come la capacità di qualsivoglia attività formativa di fondarsi sugli effettivi bisogni di salute della popolazione, si è concretizzato, nel nostro caso, nell’individuazione di interventi formativi che tenessero conto della aree prioritarie di intervento su cui la Regione Sicilia ha posto l’accento nel Piano Sanitario Regionale relativo al periodo 2011-2013, in ragione, altresì, delle necessità assistenziali proprie del bacino di utenza del nostro presidio ospedaliero. La progettazione e realizzazione di interventi formativi

pertinenti, preceduta da un’oculata analisi dei bisogni di formazione, prevede l’integrazione delle diverse metodologie previste dalla formazione di tipo residenziale, sul campo e a distanza, in vista del miglioramento delle competenze dei professionisti sanitari che si rende necessario implementare.

Conclusioni Il primo step della ricerca ha previsto la realizzazione di un’indagine descrittiva volta ad individuare le conoscenze che il personale sanitario del presidio ospedaliero “GaribaldiNesima” ha acquisito nell’ultimo quinquennio, individuando come focus della nostra attenzione sia la formazione di base che l’aggiornamento professionale, momenti privilegiati ai fini dell’acquisizione di competenze. I risultati di questa prima fase di rilevazione incoraggiano verso un proseguimento dell’attività che però richiede cambiamenti sul piano metodologico relativo all’acquisizione dei dati. Secondo Kaoru Ishikawa, tra i maggiori teorici del Total Quality Management che ci preme sottolineare in questa stesura: «la qualità totale comincia con la formazione (istruzione) e finisce con la formazione», pertanto appare evidente come il ruolo giocato dall’esperienza pregressa nei processi di apprendimento degli adulti costituisce il punto di partenza, e non di arrivo, di qualsivoglia progettazione educativa. Il richiamo ai processi di apprendimento che interessano la fase adulta ci consente di abbracciare le teorie del modello conosciuto come andragogia – o scienza che aiuta gli adulti ad apprendere - il cui principale esponente, Malcolm Knowles, ne illustra i suoi presupposti fondanti conosciuti come i “6 pilastri dell’apprendimento degli adulti”.9 L’applicazione del pensiero di Knowles alla creazione di piani educativi in ambito sanitario risulta essere, a nostro avviso, indispensabile poiché ribadisce l’importanza di una sincronizzazione

tra apprendimento ed esperienza. Definire un modello di competenze specifiche e aggiornate riflette, dunque, questa necessità operativa: il lavoro che è stato realizzato, e che a tutt’oggi è in corso di implementazione, parte dall’esplorazione delle conoscenze di cui i professionisti del presidio ospedaliero sono in possesso, per poi giungere alla costruzione di job description dei professionisti del comparto per ogni singola specialità, sia in linea con quanto previsto dall’organismo di accreditamento internazionale Joint Commission International, che per rispondere a necessità di ordine organizzativo che rientrano nell’ambito della gestione delle human resources. Procedere in direzione della misurazione del bisogno formativo si traduce, per l’azienda, in un’analisi sia dei dati relativi all’organizzazione, che sul personale. Per migliorare nelle successive fasi l’adesione dei professionisti coinvolti alla rilevazione bottom up dei bisogno formativi sarà promossa dall’unità operativa Formazione del Personale, dell’A.R.N.A.S. “Garibaldi” di Catania, lo strumento InFormAl (piattaforma sviluppata dal Formez), che consentirebbe la gestione informatizzata delle attività formative delle amministrazioni locali. Qualora avvenisse l’implementazione del modello a regime, l’azienda realizzerebbe l’anagrafica della formazione degli operatori, raggiungendo gli obiettivi previsti dal programma: monitoraggio dei costi della formazione del personale; valutazione dell’efficacia dell’azione formativa; analisi statistiche descrittive sui corsi e sulle attività realizzate a livello di UU.OO. Di contro, l’operatore avrebbe la possibilità di aggiornare il curriculum formativo personale, poiché il programma prevede la creazione di profili individuali il cui accesso è regolato da username e password conferite al singolo professionista. Appare evidente il potenziale inno-

vativo offerto dallo strumento, anche se questo riuscirebbe ad esprimere tutta la sua portata solamente qualora i singoli operatori fossero motivati ad implementarlo. Riteniamo, dunque, imprescindibile la promozione di iniziative di sensibilizzazione destinate ai professionisti del presidio allo scopo di far comprendere le necessità aziendali di disporre della piattaforma, auspicando ad una partecipazione degli operatori che faccia leva sul coinvolgimento attivo di tutti. Il modello di competenze e job description che il presidio ospedaliero sta promuovendo, in seguito all’implementazione dello standard previsto dal progetto con Joint Commission International, riteniamo potrebbe diventare parte integrante della piattaforma, così da rendere note le aspettative dell’organizzazione nei confronti dei propri professionisti, da un lato, e dall’altro consentire al singolo operatore di attivare un processo di revisione critica relativo alle conoscenze di cui egli è in possesso, allo scopo di orientare le proprie scelte in direzione di attività di formazione efficaci e pertinenti. Il modello job description e le competenze individuate richiedono, però, di essere sottoposte a verifica e revisione ogni triennio (anche in corrispondenza del triennio ECM), mediante realizzazione di indagini a carattere descrittivo sulle conoscenze possedute e un coinvolgimento attivo degli operatori del presidio, grazie alla conduzione di focus group, poiché abbiamo ragione di credere che il sentirsi coinvolti in questo processo di edificazione e rafforzamento della propria professionalità possa migliorare il rendimento professionale, facendo leva su aspetti motivazionali non irrilevanti. L’offerta formativa va direzionata, dunque, verso apprendimenti più ampi e diversificati tali da poter fornire all’adulto nuovi schemi operativi, strategie efficaci che non si limitino al mero consolidamento delle

9 Knowles M. (1996), Quando l’adulto impara. Franco Angeli, Milano, pp. 77-82.

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conoscenze professionali di cui è già in possesso. Ulteriori arricchimenti potrebbero derivare da azioni di benchmark e di confronto con altre realtà nazionali e internazionali che hanno già implementato con successo sistemi di descrizione e valutazione delle competenze basati su criteri analoghi a quelli proomossi da Joint Commission.

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Differenze nella gestione dei germi multiresistenti nelle Aziende Sanitarie Toscane Riassunto Nonostante esistano linee guida per il controllo dei Multi Drug Resistant Organism (MDRO) non è chiaro come a livello locale queste indicazioni siano state implementate ed applicate. Obiettivo dello studio è analizzare quali pratiche vengano utilizzate nelle varie Aziende della Regione Toscana, dove i vincoli organizzativi, di contesto e di risorse differiscono da quelli dei servizi sanitari in cui sono state emanate le principali linee guida. E’ stato inviato un questionario alle Direzioni Sanitarie delle Aziende Sanitarie e Ospedaliero-Universitarie della Toscana, per raccogliere informazioni sulle pratiche di controllo degli MDRO. Dall’elaborazione dei questionari è emerso che anche in una singola Regione le strategie di controllo delle infezioni da germi multi resistenti variano molto fra le diverse Aziende, mentre un approccio coordinato sembra essere necessario per prevenire o limitare il diffondersi di questa emergenza.

Guarducci Silvia*, Alessandri Antonella*, Appicciafuoco Alberto**, Carucci Elena*, De Marco Francesca*, Mecca Michele*, Molese Valentina*, Nardi Luca*, Poliseno Giovanna*, Santoriello Giancarlo*, Vannucci Andrea* *Direttivo ANMDO Regione Toscana **Direttivo Nazionale ANMDO

PAROLE CHIAVE: Multi Drug Resistent Organism, gestione

INTRODUZIONE I germi resistenti agli antibiotici (Multi Drug Resistent Organism, MDRO) sono diffusi in tutto il mondo, la distribuzione geografica e la prevalenza variano notevolmente a seconda dei contesti assistenziali, anche se sono in rapido incremento in ogni setting assistenziale e non esiste ad oggi paziente immune dal rischio di MDRO (1,2). Nel 2009 l’Organizzazione mondiale della sanità aveva già definito l’antibioticoresistenza una delle tre più grandi minacce per la salute umana; la Commissione europea dell’OMS il 17 novembre 2011 ha proposto un

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piano d’azione straordinario e globale contro l’antibiotico-resistenza (3). Secondo i dati pubblicati annualmente dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) e ripresi dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) la situazione dell’Italia è particolarmente critica. Infatti la resistenza ad alcuni antibiotici di un batterio come la Klebsiella pneumoniae si è impennata improvvisamente passando in un anno dall’ 1,4% al 16% del 2010 e al 27% del 2011. In Europa alti livelli di resistenza di questo microrganismo sono presenti, oltre che in Italia, solo in Grecia (4). L’identificazione e la definizione di

strategie efficaci per la prevenzione ed il controllo dei MDRO si impone con urgenza e richiede un approccio multi comprensivo che include notevole impegno da parte dei gestori della sanità. Come dimostrano esperienze di successo, l’intera organizzazione sanitaria è chiamata a dirigere i propri sforzi in maniera sinergica verso tutti i determinanti dello sviluppo e diffusione dei MDRO: azioni chiave sono l’educazione e training del personale medico e non, l’uso giudizioso degli antibiotici, l’adesione a sistemi di sorveglianza, l’applicazione delle precauzioni per il controllo delle infezioni durante il ricovero, il mantenimento di standard di igiene degli ambienti, la decolonizzazione con terapia appropriata. Se ciò non accadrà la possibilità che giunga un’epoca “post-antimicrobica” in cui i farmaci antimicrobici avranno perso la capacità di agire, potrebbe diventare una realtà. Nonostante esistano diverse linee guida per il controllo degli MDRO emesse da importanti centri di riferimento come il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), la Public Health Agency of Canada (PHAC) e altri, non è ancora chiaro come a livello locale queste indicazioni siano state implementate ed applicate (1,2,5-10). Obiettivo del nostro studio è analizzare quali pratiche vengano usate per il controllo delle infezioni da germi antibioticoresistenti nelle varie Aziende della Regione Toscana, dove i vincoli organizzativi, di contesto e di risorse differiscono da quelli dei servizi sanitari in cui sono state emanate le principali Linee Guida di riferimento.

Lo scopo finale è quello di offrire spunti di miglioramento dal confronto delle buone pratiche e trovare soluzioni condivise per eventuali criticità comuni a tutti o alla maggior parte dei nostri ospedali, perché un approccio unificato è richiesto al fine di prevenire o ritardare l’emergenza dovuta a questi germi (11,12).

MATERIALI E METODI Fra maggio e giugno 2012 è stata eseguita un’indagine preliminare inviando via e-mail un questionario conoscitivo alle Direzioni Sanitarie delle 12 Aziende USL della Toscana, delle Aziende Ospedaliere Universitarie di Firenze, Siena, Pisa, dell’Ospedale Pediatrico Meyer e alla Fondazione Toscana Gabriele Monasterio. Le informazioni raccolte attraverso il questionario riguardavano: „„La presenza di misure di controllo per MDRO. „„Le strategie di individuazione dei pazienti oggetto delle misure di controllo. „„La presenza di un protocollo di sorveglianza colturale attiva (SCA). „„La gestione integrata del referto della microbiologia. „„La sorveglianza basata sui dati microbiologici. „„Le misure adottate dal personale sanitario. „„L’esistenza di un protocollo di ricerca e bonifica per il controllo della diffusione nosocomiale dello Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) come suggerito dal Ministero della Salute (13). Il questionario a risposte chiuse multiple, offriva anche la possibilità di scrivere liberamente annotazioni, per descrivere meglio la variabilità nella gestione di questo specifico problema nei vari contesti organizzativi. Dato il tipo di indagine, non è stata chiesta l’approvazione da parte del comitato etico aziendale.

Figura 1. Protocollo Sorveglianza Colturale Attiva Criteri epidemiologici riportati per individuare i pazienti da sottoporre a SCA

N° aziende

struttura di provenienza del paziente

4

anamnesi positiva per contatti

3

paziente con pregressa colonizzazione da MDRO

1

pazienti sottoposti a terapia antibiotica a largo spettro

1

portatori di device in entrata da strutture a rischio

1

provenienza da aree critiche ove già evidenziato più di 1 caso

1

segnalazione da parte di MMG

1

sospetti eventi epidemici

1

compromissione stato immunitario

1

tipologia di intervento o manovra invasiva

1

Tabella 1: Criteri Epidemiologici riferiti dalle Aziende per individuare i pazienti da sottoporre a SCA

I dati raccolti sono stati inseriti in un database creato ad-hoc In Excel (Microsoft, Redmont, WA) e l’analisi statistica è stata eseguita attraverso il software STATA SE12) in collaborazione con l’Agenzia Regionale di Sanità della Toscana.

RISULTATI La percentuale di risposta, a giugno 2012, è stata dell’88% (15/17 Aziende). Il problema è tenuto in forte considerazione: tutte le Aziende dichiarano di aver adottato procedure di contrasto ai MDRO, formalizzate nell’87% dei casi (13/15), a livello

alto (aziendale/ presidio), con un approccio rivolto, in quasi tutte le realtà (93%, 14/15), sia verso i pazienti infetti che verso i colonizzati (ovvero potenziali fonti di diffusione di questo tipo di germi). L’individuazione dei pazienti colonizzati viene effettuata con: „„Sorveglianza colturale attiva (SCA - ovvero screening dei pazienti a rischio di colonizzazione attraverso esami colturali su campioni biologici) in 11 Aziende (73%) „„Con criterio epidemiologico (CE - ovvero screening in base ai principali fattori di rischio descritti in letteratura) in 5 Aziende (33%).

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Figura 2. Metodiche utilizzate per effettuare la SCA (%)

Figura 3. Principali germi ricercati in Sorveglianza Colturale Attiva (%)

„„In nessun caso viene utilizzata la segnalazione da parte del medico di medicina generale o della struttura di provenienza. 14 Aziende (93%) dichiarano di adottare un protocollo per effettuare la SCA (Figura 1), formalizzato in 13 casi (93%), a livello aziendale nella metà dei casi e condiviso con la microbiologia in 10 (71%). Solo 1 Azienda dichiara di sottoporre tutti i pazienti ricoverati a SCA, mentre 7 (50%) tutti i pazienti nei reparti a rischio, individuati essenzialmente nelle terapie intensive/rianimazioni, mentre 5 (34%) Aziende

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sottopongono a SCA solo i pazienti selezionati in base al Criterio Epidemiologico, in 3 casi (21%) in tutte le Unità Operative e in 2 casi (14%) solo nelle Terapie Intensive. I Criteri Epidemiologici riferiti dalle Aziende per individuare i pazienti da sottoporre SCA sono riportati nella tabella 1. La SCA viene effettuata tramite tamponi eseguiti al momento del ricovero (6 casi, 64%) e/o durante il ricovero (9 casi, 64%), con frequenza settimanale in 4 Aziende e bisettimanale in 1 e variabile nei restanti casi. Nonostante si consideri importante il dato della colonizzazione del pa-

ziente all’ingresso, in nessun caso si testa il paziente prima del trasferimento verso o da altro ospedale, solo un’azienda testa il paziente prima del trasferimento a reparto interno. La sorveglianza prevede l’esecuzione di tamponi rettali (11 Aziende, 79%) nasali (5 Aziende, 36%) e faringei (4 Aziende, 29%). Vengono riportati poi tamponi cutanei (1 caso, 7%), aspirato gastrico e tracheale in terapia intensiva (rispettivamente 3 casi, 21% e 6 casi 43%) e urino coltura (2 casi, 14%). Nella figura 2 vengono riportate le metodiche utilizzate per la SCA. E’ diffusa la sensibilità alla ricerca delle Kleibsiellae Pneumoniae produttrici di Carbapenemasi (KPC): 14 Aziende (93%) dichiarano di includere tale germe nel protocollo di sorveglianza (anche se solo 11 dichiarano di effettuare i tamponi rettali). Lo Stafilococco Aureus MeticillinoResistente (MRSA) viene ricercato in 8 casi (57%), come gli Enterococchi resistenti alla Vancomicina (VRE) e Escherichia Coli produttrice di betalattamasi (E.Coli ESBL); gli altri germi meticillino-resistenti (S.Epidermidis) e Streptococco Pyogenes multirestistente in 5 casi (36%), Acinetobacter Baumanii in 4 casi (29%) e altri germi (Pseudomonas Aeuruginosa, Stenotrophomonas Maltophila e altri) in 4 casi (29%). Nella figura 3 vengono riportati i germi oggetto di ricerca in SCA. Tutte le Aziende dichiarano di avere un sistema di gestione integrata dei referti, in particolare 14 su 15 aziende (93%) hanno un sistema di allerta da parte delle microbiologie per i germi MDRO, attraverso telefono, fax o mail, che prevede contatto diretto del reparto (12 Aziende, 86%) o il CIO/ICI/infermieri referenti (10 casi, 71%), ma solo nel 50% dei casi (7 Aziende) segnala l’informazione sul referto o contatta direttamente la Direzione Sanitaria. Nella figura 4 sono riportate le modalità di alert riferite. 11 Aziende (79%) utilizzano test dia-

gnostici rapidi (ovvero con referto di positività consegnato entro 72 ore) con risultati entro le 24 ore solo in due aziende (18%, basato su PCR) e entro 48 ore in 6, utilizzando principalmente terreni selettivi (9 casi, 82%). Tutte le Aziende hanno a disposizione una reportistica periodica della sorveglianza, semestrale in 9 casi (60%), mensile e annuale in 2 casi (13%), trimestrale in 1 caso (7%). La reportistica è ricostruita a partire dai referti di laboratorio nel 40% dei casi (6 Aziende), messa a disposizione dalle microbiologie in un altro 40% dei casi e da entrambi nei restanti casi; viene diffusa ai reparti di riferimento in 10 Aziende ( 67%) ed è oggetto di valutazioni multidisciplinari nei reparti in 11 casi (73%). Per la gestione dei pazienti positivi per MDRO, tutte le Aziende applicano le misure standard e 14 (93%) dichiarano di aggiungere l’isolamento da contatto. 6 Aziende (40%) hanno a disposizione stanze dedicate ai MDRO, in area medica, terapie intensive e malattie infettive, le altre riferiscono di attuare l’isolamento funzionale. Al momento del ricovero 11 Aziende (73%) dichiarano di adottare le misure di isolamento solo a diagnosi microbiologica avvenuta ( esclusi 2 casi dove in Terapia Intensiva vengono adottate su tutti i pazienti ricoverati) mentre in 4 casi (27%) vengono adottate sui pazienti al alto rischio in attesa dei risultati della microbiologia. In caso di riscontro di un germe MDRO in un paziente ricoverato, 12/15 Aziende (80%) riferiscono di estendere le misure di isolamento ai pazienti della stessa stanza (in 5 casi le precauzioni da contatto e l’isolamento funzionale -42%-, in 3 casi la ricerca di colonizzazione -25%-), in 9/15 (60%) ai pazienti assistiti dallo stesso personale sanitario (precauzioni standard e da contatto e cohorting degli operatori), in 7/15 (47%) dello stesso reparto (precauzioni standard e da contatto, e SCA).

Figura 4. Modalità di alert utilizzate dalla microbiologia (%)

L’isolamento viene mantenuto fino a dimissione nella metà dei casi o in funzione dei controlli microbiologici (3 settimane dopo la negativizzazione delle colture o 3 colture negative) nell’altra metà. Sono segnalate azioni di decolonizzazioni sotto la guida dell’infettivologo. Solo in 4 Aziende (27%) viene riportata la presenza di un protocollo di ricerca e bonifica per il controllo della diffusione nosocomiale dello Stafilococco Aureus Meticillino-Resistente (MRSA), in 1 (7%) caso su tutti i pazienti destinati alla chirurgia elettiva, in 3 casi (20%) solo su pazienti con predefinito profilo di rischio (in un caso cardiochirurgia, in 1 caso in oncoematologia). Solo un’azienda effettua il tampone nasale prima del ricovero, e sempre solo un’Azienda dichiara di non operare il paziente fino a bonifica verificando il successo del protocollo di bonifica con 3 tamponi negativi in successione.

DISCUSSIONE Nonostante le crescenti preoccupazioni riguardo la diffusione dei germi multi resistenti (in particolare ESBL e KP-KPC), la metodologia ottimale per prevenire la diffusione nosocomiale di questi microrganismi resta da una parte non ben definita (14), e dall’altra non facilmente attuabile in ogni contesto. Infatti a tutt’oggi non è stato ancora definito una combina-

zione di misure Evidence Based universali, applicabili in qualsiasi setting assistenziale e non esistono studi di applicabilità/trasferibilità delle varie raccomandazioni. Mancano inoltre in letteratura studi randomizzati, studi su ospedali piccoli o per lungodegenti e dati di valutazione economica dei vari interventi. Durante i focolai epidemici, i “bundle” (“pacchetto assistenziale” che include un gruppo limitato di interventi -3-5 al massimo- con dimostrata base scientifica relativi al processo di cura che, quando vengono utilizzati insieme, risultano più efficaci rispetto al loro singolo utilizzo per il controllo delle infezioni e gli sforzi coordinati a vari livelli), si sono dimostrati efficaci (11), mentre si conosce meno quale sia l’approccio più appropriato da utilizzare in condizioni non epidemiche, mentre lo sforzo economico e di risorse di tale approccio resta considerevole( 15-17). I dati raccolti attraverso il nostro questionario indicano una gestione eterogenea del problema, con alcuni spunti di riflessione. Per individuare i pazienti colonizzati, 10 Aziende (67%) dichiarano di utilizzare la sorveglianza colturale attiva (anche se questo dato non collima con il numero superiore di aziende, che in seguito, rispondono di adottare protocolli di sorveglianza, indicando che probabilmente non c’è una percezione univoca di SCA), mentre 5 Aziende (33%) individuano i co-

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lonizzati secondo un criterio epidemiologico (CE) che definisce a priori un’alta probabilità di colonizzazione. Il criterio varia tra le aziende, che comunque in più casi ricorrono ad una presunta probabilità di circolazione di MDRO nella struttura di provenienza. Nessuna Azienda segnala di utilizzare il criterio di precedente recente ospedalizzazione, che invece viene suggerito come efficace da alcune Linee Guida2. Potrebbe essere utile un confronto sull’elaborazione di un algoritmo di individuazione del paziente colonizzato efficace nel nostro contesto. Dal nostro studio risulta che al momento del ricovero la maggior parte delle Aziende (73%) non adotti nessuna misura precauzionale senza diagnosi microbiologica, se non nelle Terapie Intensive o in 4 Aziende (27%) nei pazienti ad alto rischio. In letteratura per individuare e isolare i pazienti colonizzati (ovvero portatori senza segni o sintomi clinici, potenziale e potente serbatoio di diffusione di MDRO) sono descritti diversi approcci, fra cui quello di attendere il risultato della Sorveglianza Colturale Attiva o quello di adottare preventivamente le misure di controllo (precauzioni standard -SP- o da contatto -CP-) su tutti o su alcuni pazienti ad alto rischio, in attesa dei risultati della SCA. Quest’ultima strategia necessita chiaramente un grande impiego di risorse, specialmente se vengono considerati come colonizzati tutti i pazienti ammessi in un reparto. Alcune linee guida2 utilizzano un questionario apposito per individuare i pazienti ad alto rischio di colonizzazione, sui quali effettuano un isolamento preventivo (CP) in attesa dei risultati della Sorveglianza Colturale Attiva, da mantenere fino a quando non arrivi il risultato negativo dell’esame colturale. E’ evidente il diverso impatto organizzativo dei diversi modelli e la rispettiva sostenibilità. Nel nostro studio i test rapidi (risposta al reparto entro 24/48 ore) sono

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abbastanza diffusi (80%), permettendo quindi una migliore adesione alle procedure di isolamento e limitando gli oneri organizzativi per le aziende e psicologici per i pazienti. Senza risposta rapida le misure di controllo potrebbero essere ritardate (e quindi vanificate) oppure mantenute più a lungo del necessario (con i potenziali effetti avversi di riduzione degli accessi da parte del personale addetto all’assistenza, maggior numero di eventi aversi prevenibili, minor numero di eventi di assistenza documentati, maggiore insoddisfazione, ansia e depressione da parte dei pazienti). Al fine di contenere la diffusione di questi germi, sarebbe raccomandabile l’adozione diffusa della buona pratica di “marcare”, con appositi sistemi di alert, il paziente portatore di MDRO, ponendo tale informazione tra quelle strutturate nei percorsi inter ed intra ospedalieri e da e verso altri setting di assistenza (lungodegenze, riabilitazioni, domicilio). Nel nostro studio risulta che quasi mai venga segnalata la positività da parte della struttura di provenienza, mentre nel 93% dei casi il laboratorio di microbiologia segnala la positività. Nella Regione Toscana la reportistica sulla sorveglianza della diffusione dei microrganismi multi resistenti è un requisito di accreditamento, infatti tutte le Aziende riferiscono di avere a disposizione una reportistica periodica, nella maggior parte dei casi, diffusa ai reparti di riferimento. Per quanto riguarda la gestione dei pazienti positivi, tutte le Aziende applicano le misure standard e nel 93% le misure da contatto. In letteratura, nessuno studio ha ad oggi dimostrato l’efficacia comparativa tra Precauzioni Standard e Precauzioni da Contatto, da sole o associate alla SCA, e le precauzioni da contatto vengono adottate in tutti i casi di pazienti colonizzati o infetti da MDRO. Nel nostro studio solo il 40% delle Aziende dichiara di avere stanze dedicate a questi pazienti, e

solo in alcuni setting, mentre le altre utilizzano l’isolamento funzionale. In letteratura non esistono chiare evidenze di efficacia del posizionamento in camera singola o in coorte dei pazienti con MDRO. In alcuni casi l’utilizzo di letti predefiniti per MDRO, o di misure estreme come la chiusura dei reparti, è risultato cruciale per la risoluzione di epidemie (11). Anche sulla durata delle CP non ci sono indicazioni univoche (in linea generale l’indicazione è a tempo indeterminato in tutti i pazienti infetti e colonizzati in caso di epidemia; negli altri casi per tutta la durata della degenza per colonizzazione da MRSA e VRE non bonificata; interrotta quando almeno tre colture eseguite a distanza di una o due settimane in un paziente che non riceve antibiotici da diverse settimane risultano tutte negative) in linea con quanto riscontrato nel nostro questionario. Più della metà delle aziende dichiara di includere gli MRSA nell’ambito dei germi ricercati in SCA, ma solo 5 dichiarano di effettuare tamponi nasali, e il “bundle” MRSA viene dichiarato applicato solo in quattro realtà e in alcuni setting, e comunque in maniera difforme dallo standard (solo un’azienda dichiara di non operare il paziente fino a bonifica, e sempre solo una dichiara decolonizzato il paziente dopo tre tamponi negativi). Tale argomento meriterebbe forse un momento di confronto visto che il bundle MRSA è un percorso EBM come suggerito anche dal Ministero della Salute (13). Il nostro studio ha importanti limitazioni: la non risposta di 1 Azienda Universitaria Ospedaliera e di un’Azienda Sanitaria limita la generalizzabilità dei risultati. Il questionario è stato inviato alle Direzioni Sanitarie, senza l’esplicitazione di coinvolgere i referenti aziendali per le infezioni ospedaliere. Inoltre alcuni questionari presentavano diversi dati mancanti o in alcuni casi incongruenti tra loro, riteniamo che in parte questo sia attribuibile alla

struttura del questionario, in versione pilota. Tali considerazioni saranno riprese al momento della revisione del questionario con l’obiettivo di allargare l’analisi. I nostri risultati dimostrano la possibilità di diffusione di sistemi di gestione condivisi, anche all’interno della Regione, laddove siano insufficienti o difficilmente applicabili evidenze e linee guida, anche se i risultati devono essere interpretati in modo cauto, poiché in diverse aziende protocolli sono in via di formalizzazione. Inoltre bisogna anche considerare che la bassa prevalenza di alcuni tipi di infezione (CRE) implica una scarsa esperienza nel gestire i pazienti colonizzati e infetti dal punto di vista del controllo delle infezioni, e gli approcci probabilmente si modificheranno in tempi rapidi, data la crescita del numero di casi.

CONCLUSIONI Nonostante il problema delle resistenze sia emerso diversi decenni fa, la mancanza o la difficile applicabilità di evidenze e linee guida, ha portato a un range di differenti pratiche di controllo delle infezioni, che potrebbe essere in parte responsabile dell’aumento di alcune infezioni (ESBL E CRE). Questo problema diventa particolarmente attuale dato l’aumento dei germi CRE e resistenti a tutti gli antibiotici, per cui mancano indicazioni importanti come l’effettuazione di SCA o la dismissione delle precauzioni da contatto. Anche in una singola Regione le strategie di controllo o contenimento delle infezione da germi multi resistenti variano molto fra le diverse Aziende. Questi risultati sono fonte di preoccupazione dal momento che un approccio coordinato sembra essere necessario per prevenire o limitare il diffondersi di questa emergenza. Serve urgentemente ricerca per individuare gli approcci ottimali di controllo delle infezioni e nello stesso tempo documenti di consenso

per approcci coordinati nella gestione dei nuovi germi resistenti, al fine di non generare un ritorno all’era pre-antibiotica, anche se per alcuni germi, tipo KP-KPC sembra sia già iniziata.

RINGRAZIAMENTI Alle Direzioni Sanitarie e di Presidio che hanno partecipato allo studio e alla Dott.ssa Silvia Forni dell’Agenzia Regionale Sanità della Regione Toscana per l’elaborazione dei dati.

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Il Governo Clinico in ambito ostetrico-neonatologico-ginecologico Riassunto Il Governo Clinico (Clinical Governance) è uno strumento per il miglioramento della qualità delle cure per i pazienti, ha lo scopo di mantenere standard elevati, di migliorare e valutare le performance professionali del personale e delle organizzazioni. I concetti della Clinical Governance fanno parte del patrimonio professionale e culturale dell’organizzazione dell’ Ospedale S.Anna di Torino. Gli strumenti della Clinical Governance vengono ampiamente utilizzati nella pratica quotidiana, nelle loro varie dimensioni, in ambito ostetrico-neonatologico e ginecologico.

Grace Rabacchi*, Giuseppina Poppa** **Direttore Sanitario di Presidio Ospedale Ostetrico-Ginecologico S.Anna di Torino AO Città della Salute e della Scienza di Torino **Ostetrica – Direzione Sanitaria PO S.Anna di Torino

PAROLE CHIAVE: Governo clinico, assistenza, ambito ostetrico-ginecologico

PRESENTAZIONE Il Governo Clinico (Clinical Governance) può essere definito come “il contesto in cui i servizi sanitari si rendono responsabili del miglioramento continuo della qualità dell’assistenza e mantengono elevati livelli di prestazioni creando un ambiente che favorisce l’espressione dell’eccellenza clinica, assistenziale ed organizzativa, nel limite delle risorse disponibili” (NHS, 1998). Secondo il Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 il Governo Clinico è uno strumento per il miglioramento della qualità delle cure per i pazienti e per lo sviluppo delle capacità complessive e dei capitali umani del SSN, ha lo scopo di mantenere standard elevati, di migliorare e valutare le performance professio-

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nali del personale e delle organizzazioni, coinvolgendo e responsabilizzando, favorendo lo sviluppo dell’eccellenza clinica, assistenziale ed organizzativa, promuovendo il miglioramento continuo della qualità nelle sue dimensioni di qualità tecnica, professionale, relazionale, percepita, con criteri di sicurezza, efficacia, efficienza, centralità del paziente, umanizzazione, appropriatezza, equità, tempestività. L’attuazione di politiche di governo clinico rappresenta un obiettivo strategico finalizzato a creare maggiore coerenza e trasparenza, a migliorare la qualità dei servizi erogati, a garantire alle istituzioni coinvolte un supporto per definire priorità ed operare scelte di allocazione delle risorse limitate, in modo sistematico. Lo schema di Piano Sanitario Na-

zionale 2011-2013 pone come macro obiettivo del Servizio Sanitario Nazionale il “benessere e la salute dei cittadini e delle comunità, nella consapevolezza che la vera ricchezza del sistema sanitario è la salute dei cittadini” ed il SSN ha il dovere di accountability (rendere conto ai cittadini ed ai portatori di interesse-soggetti istituzionali) dell’accessibilità, equità, performance globale per promuovere la partecipazione attiva e sviluppare l’empowerment. Lo stesso Piano Socio-Sanitario Regionale del Piemonte 2007-2010, prevede che si passi da una logica di “government” (regole, divieti, autorizzazioni) ad una logica di “governance” (costruzione del consenso per la concreta attuazione delle politiche scelte) e che si valorizzi il ruolo dei dirigenti e di tutte le professioni socio-sanitarie, anche attraverso il loro apporto negli organi di governo regionali ed aziendali (Collegio di Direzione) con il coinvolgimento nei processi decisionali, in particolare nel governo clinico. Il Piano Socio-Sanitario Regionale del Piemonte 2012-2015 prevede inoltre la questione del Governo Clinico non come contrapposizione fra clinici e manager, né come semplice approccio alla medicina basata sulle evidenze, ma come revisione delle organizzazioni sanitarie finalizzata da un lato all’integrazione fra professionisti sanitari e dall’altro al ruolo di responsabilità che le professioni sanitarie devono avere nelle scelte aziendali. Si prevede quindi il coinvolgimento delle professioni sanitarie per l’attuazione concreta della programmazione e verifica della qualità

nelle sedi individuate nel Collegio di Direzione e Comitati di Dipartimento, per gli ambiti di: „„individuazione delle priorità, in considerazione dei limiti posti dalle risorse finanziarie; „„valutazione e pianificazione delle innovazioni tecnologiche e biomediche; „„gestione del trasferimento delle conoscenze dalla ricerca biomedica alla pratica clinica; „„appropriatezza degli interventi sanitari, in base alle prove disponibili; „„integrazione fra professionisti sanitari; „„gestione del percorso assistenziale del paziente; „„m i g l i o r a m e n t o d e r i v a n t e dall’analisi degli errori; „„comunicazione con il paziente ed i suoi famigliari. Il Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158 “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute” prevede, all’articolo 4, lettera g) Dirigenza sanitaria e governo clinico: Art. 17 (Collegio di direzione). - 1. Le regioni prevedono l’istituzione, nelle aziende e negli enti del Servizio sanitario regionale, del collegio di direzione, quale organo dell’azienda, individuandone la composizione in modo da garantire la partecipazione di tutte le figure professionali presenti nella azienda o nell’ente e disciplinandone le competenze e i criteri di funzionamento, nonché le relazioni con gli altri organi aziendali. Il collegio di direzione, in particolare, concorre al governo delle attività cliniche, partecipa alla pianificazione delle attività, incluse la ricerca, la didattica, i programmi di formazione e le soluzioni organizzative per l’attuazione dell’attività’ libero-professionale intramuraria. Nelle aziende ospedaliero universitarie il collegio di direzione partecipa alla pianificazione delle attività di ricerca e

didattica nell’ambito di quanto definito dall’Università’; concorre inoltre allo sviluppo organizzativo e gestionale delle aziende, con particolare riferimento all’individuazione di indicatori di risultato clinicoassistenziale e di efficienza, nonché dei requisiti di appropriatezza e di qualità delle prestazioni. Partecipa altresì alla valutazione interna dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi prefissati ed e’ consultato obbligatoriamente dal direttore generale su tutte le questioni attinenti al governo delle attività cliniche. Ai componenti del predetto collegio non e’ corrisposto alcun emolumento, compenso, indennità o rimborso spese». Il governo clinico, come strategia gestionale, intende rendere ogni azione (clinica, assistenziale, organizzativa, economico-finanziaria, gestionale) coerente e finalizzata alla qualità dell’assistenza, e vuole inoltre mettere in grado l’organizzazione di evolvere, sviluppando meccanismi di feed-back che le permettano di apprendere continuamente dalle proprie esperienze. (es. gestione del rischio clinico, audit clinici a seguito di implementazione di linee guida, innovazione tecnologica ed organizzativa, analisi dei reclami dei cittadini). Gli aspetti che caratterizzano il con-

cetto di governo clinico sono: „„la condivisione multidisciplinare – per ottenere i risultati desiderati occorre che le capacità tecnicocliniche dei team di lavoro siano supportate da un ambiente organizzativo e amministrativo funzionale al raggiungimento degli obiettivi prefissati di sicurezza, efficacia, appropriatezza, efficienza, equità; „„la responsabilizzazione, come impegno del team di sottoporsi a valutazione e monitoraggio delle proprie prestazioni secondo principi professionalmente condivisi, con comparazione dei dati e delle esperienze (benchmarking); „„la partecipazione attiva dei cittadini, mediante una politica di comunicazione e di informazione da parte dell’organizzazione, con comportamenti trasparenti da parte dei clinici, per favorire la consapevolezza delle opzioni diagnostico-terapeutiche e nei processi decisonali, con politiche di implementazione di empowerment (coinvolgimento del paziente e delle comunità nella propria cura) agendo nell’ ambito della rete HPH – Health Promoting Hospitals and Health Services; „„l’organizzazione dipartimentale, che rappresenta la sede operativa dei percorsi clinico-assistenziali, favorendo il coordinamento dei comportamenti clinici ed assistenziali

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ALCUNI FATTORI DI OSTACOLO AL CAMBIAMENTO DEL COMPORTAMENTO PROFESSIONALE ED ALLA ACCETTAZIONEDELLE LINEE GUIDA FATTORI DI CONTESTO GENERALI Aspetti economici

Scelta dei comportamenti clinici sulla base del vantaggio economico che rappresentano

Aspetti medico-legali

La preoccupazione più o meno giustificata di incorrere in problemi medico-legali può essere la spiegazione di pratiche cliniche inadeguate (ad. Esempio l’uso routinario degli esami preoperatori in pazienti a basso rischio anestesiologico)

Aspettive dei pazienti

Un comportamento clinico può essere motivato dall’esigenza di “andare incontro” alle aspettative dei pazienti, come quella di ricevere comunque un trattamento, farmacologico anche per condizioni che non ne richiederebbero alcuno

FATTORI DI CONTESTO CLINICO Opinion leader

Figure professionali di prestigio influenzano i comportamenti clinici dei colleghi

Aspetti organizzativi/ strutturali

Le scelte del singolo operatore possono essere condizionate dal tipo di organizzazione esistente e della effettiva disponibilità di specifiche risorse

Formazione professionale

Il tipo di conoscenze trasmesse in questo ambito determina i comportamenti professionali

Industria

Le iniziative di marketing dell’industria influenzano le scelte diagnosticoterapeutiche

ATTITUDINI PROFESSIONALI Illusione di ridurre

Questa è, ad esempio, una delle motivazioni della inappropriata richiesta l’incertezza professionale di esami diagnostici

Eccessiva sicurezza

Eccessiva sicurezza nelle proprie capacità come causa della non esecuzione di procedure appropriate e/o dell’utilizzo di interventi inappropriati

Incertezza

Il grado di controversia esistente relativamente alle modalità diagnosticoterapeutiche da adottare

CARATTERISTICHE DELLE RACCOMANDAZIONI Validità scientifica e credibilità delle raccomandazioni

Risultano più facilmente accettate raccomandazioni della cui qualità metodologica si è convinti che provengono da istituzioni/organismi che hanno autorevolezza e credibilità agli occhi dei destinatari

Tipo di comportamento richiesto

E’ spesso più facile convincere ad adottare una nuova procedura/intervento, piuttosto che indurre a cessare un comportamento consolidato

Osservabilità del risultato

Se l’adozione della raccomandazione porta ad una tangibile effetto, visibile agli occhi del clinico in termini di risultati clinici sui pazienti e/o miglioramenti nell’organizzazione del proprio lavoro

basati sulle prove di efficacia, costituendo l’ambito privilegiato per assicurare la misurazione e comparazione degli esiti, la gestione del rischio clinico, la contestualizzazione di linee guida e protocolli diagnostico-terapeutici-assistenziali, la formazione continua, il coinvolgi-

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mento del paziente, la gestione della documentazione sanitaria, l’informazione corretta e trasparente, la ricerca e sviluppo dell’innovazione tecnica-organizzativa. Il Governo Clinico può essere adeguatamente rappresentato dall’ immagine seguente:

OBIETTIVI GENERALI „„Ridurre la percezione di gap esistente fra professionisti (autonomia professionale) e manager (vincoli di bilancio), superando la storica scollatura fra le competenze cliniche richieste agli Operatori Sanitari e le

competenze organizzative-gestionali richieste agli Amministratori, con la responsabilizzazione e coinvolgimento, valorizzando il ruolo del Dipartimento e del Collegio di Direzione. „„Diffondere l’implementazione degli strumenti di Clinical Governance quale veicolo per il miglioramento delle perfomances cliniche-assistenziali-organizzative, per la riduzione del rischio clinico, la tracciabilità e la trasparenza degli atti professionali, la responsabilizzazione e l’autonomia in un lavoro di equipe interdisciplinare. „„Acquisire strumenti per governare la complessità delle organizzazioni sanitarie, favorendo la promozione integrata della qualità professionale di servizi e prestazioni sanitarie e la loro efficienza, in funzione della sostenibilità economica. „„Diffondere le competenze per pianificare e gestire efficacemente un progetto in Sanità. „„Favorire l’introduzione e la diffusione di strumenti di Clinical Governance ad impatto diretto sulla gestione delle Unità Operative e dei Dipartimenti sui risultati delle cure ai pazienti, con particolare riferimento alle tecniche di EBM, EBN, Linee guida e PDTA – Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali, clinical audit, accountability, valutazione e miglioramento delle performances cliniche, gestione dei reclami, gestione del rischio clinico, in un sistema di lettura di indicatori multidimensionale. „„Favorire l’introduzione e la diffusione degli strumenti di Clinical Governance a livello di staff direzionale per migliorare il supporto amministrativo-gestionale alle Unità Operative assistenziali ed ai Dipartimenti nel miglioramento continuo delle performances, con particolare riferimento alla programmazione e gestione delle risorse, sistemi informativi a supporto dei processi decisionali e del governo clinico, sistemi di qualità aziendale, strumenti di informazione e partecipazione dei cittadini-utenti.

STRUMENTI SPECIFICI L’impegno dell’ organizzazione e dei professionisti è orientato a sviluppare in modo coerente, coordinato ed interdisciplinare le tematiche relative alle seguenti 5 macroaree, strettamente interdipendenti fra di loro: 1. Pianificazione e gestione di un progetto in Sanità: la spirale della progettazione, identificazione, selezione, analisi dei problemi e delle priorità, progettazione e programma operativo, verifiche e valutazione, gruppi di lavoro efficaci, il project leader. 2. Evidence Based Medicine ed Evidence Based Nursing: come integrazione dell’esperienza professionale con le prove di efficacia, a supporto delle decisioni clinico-assistenziali. „„Conoscenza ed utilizzo dei database della letteratura scientifica (Pubmed, Cochrane Library), strategie di ricerca bibliografica, revisioni sistematiche della letteratura e loro utilizzo a supporto dei processi decisionali nella pratica clinico-assistenziale. „„PDTA e linee guida: presentazione e sperimentazione del documento metodologico sui Percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali di A.Re.S.S. Piemonte e valutazione dell’impatto

sul comportamento degli operatori sanitari. „„Formazione continua: elaborazione di piani formativi sulla base dell’analisi dei bisogni, promuovendo la formazione sul campo ed elearning. 3. Valutazione e miglioramento delle performances cliniche: „„monitoraggio sistematico dei risultati della pratica clinica-assistenziale in termini di efficacia, efficienza, appropriatezza, qualità percepita, tempi di attesa, utilizzo di tecniche di miglioramento mediante benchmarking. „„Clinical Audit: tecniche di revisioni fra pari, con esame sistematico dell’attività clinico-assistenziale, con riferimento a standard espliciti. „„Sistemi di qualità: strumenti volti a favorire il monitoraggio e miglioramento continuo dei processi cliniciassistenziali, mediante l’individuazione di indicatori specifici di struttura, processo, esito, e le verifiche periodiche di coerenza fra bisogni ed azioni programmate, la gestione formalizzata della qualità (certificazioni), la diffusione ed implementazione dei manuali di qualità, l’adozione di procedure per il miglioramento continuo, i sistemi di accreditamento istituzionale e professionale (di eccellenza).

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CICLO DELL’AUDIT

ALCUNI DEGLI INDICATORI DI PERFORMANCE CLINICA RILEVABILI DALLE SCHEDE DI DIMISSIONE OSPEDALIERE ELABORATI DALL’AGENCY FOR HEALTH-CARE POLICY AND RESEARCH (http:/WWW.AHCPR.GOV) Indicatori di Esito: „„Mortalità ospedaliera nelle comuni procedure di: Isterectomia, Laminectomia, Colecistoctomia, Prostatectomia Transuretrale (TURP), Protesi d’anca, Protesi d’anca, Protesi del ginocchio „„Complicanze: Ostetriche, Infezione da ferita, Effetti avversi a complicanza iatrogene „„Complicanze dopo Chirurgia maggiore, Polmonari, IMA, Emorragie o Ulcere gastrointestinali, Trombosi venosa/Embolia Polmonare, Infezione urinaria durante il ricovero, Polmonite „„Complicanze dopo Procedure invasive vascolari: Trombosi venosa/ embolia polmonare, Polmonite Indicatori di Utilizzo: „„in Ostetricia: Parto cesareo, Parto vaginale dopo parto cesareo „„in Chirurgia: Appendicectomia incidentale in soggetti anziani, Isterectomia, Laminectomia, Prostatectomia Transuretrale (TURP), Prostatectomia radicale, Colecistectomia Laporascopica, By-pass Aorticocoronarico Indicatori di accesso alle cure primarie: „„Ostetricia: Basso peso alla nascita, peso molto basso alla nascita „„Pediatria: Attacchi asmatici „„Ambito Preventivo: Immunizzazione a carattere preventivo nei confronti di influenze e polmoniti in pazienti più anziani „„Medicina Interna: Complicanze a breve e lungo termine del diabete „„Chirurgia: Perforazione dell’appendice „„Sistemi informativi: lo sviluppo dei sistemi informativi come supporto alla Clinical Governance, la comunicazione dei dati (report periodici e sistematici), la rilevazione e comparazione dei dati, l’attendibilità

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e trasparenza dei dati, la fruizione e l’elaborazione delle informazioni. 4. Programmazione e gestione delle risorse: programmazione strategica e budget, il coinvolgimento

dei clinici, la contabilità analitica, la rendicontazione, la relazione fra le attività cliniche ed assistenziali e le ripercussioni economiche. „„Accountability: approfondimento degli strumenti disponibili per la responsabilizzazione degli operatori sanitari negli atti professionali – tracciabilità della documentazione clinico-assistenziale. „„Health Technology Assessment: valutazione multidisciplinare delle tecnologie sanitarie, tenendo conto degli aspetti economici, organizzativi, strutturali, culturali, etici, sociali. Ricerca continua dell’innovazione tecnologica, organizzativa, gestionale. „„Gestione del rischio clinico: metodi e strumenti di lavoro: segnalazioni volontarie degli eventi avversi, revisione della documentazione clinica, utilizzo di banche dati amministrative, analisi dei contenziosi medico-legali ed assicurativi aziendali, mappature dei rischi, strumenti reattivi (Root cause analysis), strumenti proattivi (FMEA-FMECA), raccomandazioni di buone pratiche cliniche assistenziali del Ministero della Salute, piani di prevenzione per la sicurezza degli operatori e dei pazienti, con sistemi strutturati di gestione dell’ emergenza interna ed esterna alle strutture socio-sanitarie. L’errore come difetto del sistema e non del singolo professionista. 5. Umanizzazione ed interventi relazionali: „„Informazione e partecipazione del cittadino-utente: i percorsi e le modalità di confronto, dialogo e partecipazione, costanti e strutturati, i percorsi di umanizzazione dell’ assistenza, il documento A.Re.S.S. Piemonte sul consenso informato, la Carta dei Servizi Sanitari, il documento regionale sulla gestione dei reclami, la continuità assistenziale, il ruolo di sussidiarietà delle Associazioni di Volontariato e delle Fondazioni. „„Clima organizzativo: valorizzazione dei ruolo dei professionisti sanitari, responsabilizzazione, motivazione, coinvolgimento nei processi

decisionali aziendali, nelle relazioni di fiducia, al fine del miglioramento continuo e del passaggio da logiche burocratiche e parcellizzate a logiche di lavoro “per obiettivi”, con lo sviluppo di reti di cooperazione funzionali anche interistituzionali. Requisiti di una “sana organizzazione”. Tecniche di gestione dei conflitti ed “etica aziendale-pari opportunità”. Gli strumenti di Governo Clinico dovranno essere integrati nei percorsi istituzionali regionali ed aziendali di adeguamento ai requisiti di autorizzazione ed accreditamento delle organizzazione sanitarie, con progetti di ricerca ed intervento da sperimentare sul campo, con validazione dei risultati per individuare le migliori condizioni di fattibilità, ampliare il consenso, comprendere e gestire le resistenze operative e/o culturali, promuovere il trasferimento e la diffusione delle best practices.

LE ESPERIENZE DELL’ OSPEDALE S.ANNA I concetti della Clinical Governance fanno parte del patrimonio professionale e culturale dell’organizzazione e degli operatori sanitari dell’ Ospedale S.Anna. Gli strumenti della Clinical Governance vengono ampiamente utilizzati nella pratica quotidiana, nelle loro varie dimensioni, in ambito ostetrico-neonatologico e ginecologico, promuovendo la salute della donna e dei bambini nelle varie fasi della vita, facendo partecipe la donna e la coppia nel processo decisionale che la/li riguarda (empowerment). Si citano le seguenti esperienze di buone prassi, che rappresentano un “work in progress”, un cantiere aperto, oggetto di continua valutazione interdisciplinare: „„Innovazione organizzativa dei settori di degenza di ostetricia e ginecologia per intensità di cure, al fine di assicurare una corretta attribuzione di risorse umane e tecnologiche, riduzione degli interventi di

Il Modello di Reason

la metafora del formaggio svizzero

Il rischio nelle organizzazioni sanitarie „„ambienti, impianti attrezzature „„malattie e incidenti professionali „„emergenze esterne „„rischio “clinico” (errori e eventi avversi non imputabili ad errori) „„rischio economico determinato dai precedenti „„rischio di danno di immagine Taglio Cesareo con valutazione dell’ appropriatezza delle indicazioni cliniche, riduzione delle liste di attesa in ginecologia , appropriato utilizzo della risorsa “blocco operatorio” per interventi oncologici, continuità assistenziale intra-ospedaliera (pronto soccorso-degenza ostetrica-sala parto-dimissione) ed extra-ospedaliera (consultori familiari-ambulatori specialistici in gravidanza – prericoveri - bilancio di salute-pronto soccorso ostetrico-ginecologico con triage strutturato-dimissione protette in casi di fragilità di donne e/o neonati). „„Umanizzazione delle cure con interventi strutturali ed organizzativi quali: avvio del nuovo Blocco operatorio e Blocco parto con box travaglio parto e box parto demedicalizzato, ristrutturazione reparti di degenza con camere a 2 letti con bagno, ristrutturazione Nursery e Terapie Intensive Neonatali per favorire il permanenza dei genitori H24, garanzia del rooming-in, dell’allattamento

al seno, delle tecniche di analgesia in ostetricia e cure palliative in ginecologia, dei corretti stili di vita, presa in carico delle gravidanze a rischio con ambulatori dedicati, diagnosi prenatale e screening neonatali, corsi di accompagnamento alla nascita allargati ad interventi di veterinari comportamentisti per la convivenza della famiglia con animali domestici ed alle Forze di Polizie per la prevenzione degli incidenti stradali, ambulatori di Medicine Non Convenzionali per la donna, mediatrici culturali tenendo conto delle caratteristiche multietniche della popolazione afferente, supporto di psicologia clinica. „„Partecipazione alla rete regionale di Prevenzione Serena per la prevenzione, diagnosi e cura dei tumori del collo dell’utero e della mammella. „„Coordinamento della rete di trasporto di emergenza neonatale di Torino e Provincia (STEN-TanTO), in rete con altre ASL e con sistema 118.

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„„Partecipazione alla rete dei servizi materno-infantili (Distretti, consultori familiari, dipartimenti maternoinfantili) previsti dall’Agenda di Gravidanza ed Agenda della Salute del Bambino della Regione Piemonte. „„Adattamento al contesto aziendale del Percorso Nascita Regionale di riferimento del 2008 ed applicazione dell’ Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010 contenente “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”. „„Implementazione del Centro Soccorso Violenza Sessuale (SVS) afferente al Pronto Soccorso OstetricoGinecologico per la corretta presa in carico delle donne vittime di violenza, in rete con il territorio, altri Ospedali, Forse di Polizia, Autorità Giudiziaria, altre istituzioni quali Scuole, Comune, Provincia, etc. „„Metodo di lavoro con contestualizzazione al nostro assetto organizzativo di Linee Guida di riferimento nazionali ed internazionali, con Protocolli aziendali elaborati in modo interdisciplinare (clinici, professioni sanitarie, direzione sanitaria, ufficio per la qualità, controllo di gestione, ufficio relazioni con il pubblico, rappresentanti cittadini) e disponibili sul sito intranet: aborto farmacologico e chirurgico, sterilizzazione tubarica, minaccia parto pretermine, distocia di spalla, profilassi antibiotica preintervento chirurgico, profilassi in gravidanza della RDS neonatale, IVG nel secondo trimestre, uso del partus test nella minaccia di parto pretermine, profilassi antitrombotica in ostetricia, assistenza al travaglio-parto-postparto, profilassi antenatale della malattia emolitica del neonato. „„Formazione continua e formazione sul campo interprofessionale: emergenze intrapartali, rischio clinico, corretto uso del sangue ed emoderivati, rianimazione aperta, terapia intensiva neonatale e trasporto neonatale, in-

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fezioni sessualmente trasmesse, tecniche di riproduzione medicalmente assistita, laparoscopia ginecologica, analgesia-anestesia-terapia intensiva in ostetricia. „„Audit clinico per emorragie postpartum per evidenziare situazioni di criticità, le condizioni di buona pratica clinica, i possibili interventi migliorativi. „„Partecipazione dei cittadini-utenti con procedura di gestione dei reclami e periodici report aziendali con analisi della tipologia dei reclami e degli elogi per interventi migliorativi. „„Benchmarking dei dati di attività di ricovero (degenza media, tassi di occupazione, complicanze), di Pronto Soccorso, di attività ambulatoriale con report trimestrali disponibili sul sito intranet per la valutazione delle performances. „„Analisi dei diversi setting assistenziali per promuovere la conversione, secondo criteri di appropriatezza, da ricovero ordinario a Day Hospital/ Day Surgery, Week Surgery, Chirurgia ambulatoriale, attività ambulatoriale/ day service. „„Sperimentazione di dimissione precoce, protetta e concordata di donna e bambino fisiologici, in rete con territorio (consultori familiari, pediatri di libera scelta). „„Gestione del rischio clinico con sistema strutturato di incident reporting, analisi di eventi sentinella in ambito ostetrico-neonatologico (es. Morte materna o malattia grave correlata al travaglio e/o parto- partecipazione al progetto di sorveglianza della mortalità materna promossa di ISS). „„Morte o disabilità permanente in neonato sano di peso >2500 grammi non correlata a malattia congenita. „„Heath Technology Assessment con valutazione multidimensionale delle tecnologie sanitarie come farmaci, dispositivi medici, sangue, procedure clinico-assistenziali. „„Sistema qualità con formalizzazione procedure, protocolli, sistemi accreditamento, procedura di consenso informato.

„„Continuità assistenziale con protocolli di intesa con ASL di Torino per la presa in carico in fase di dimissione di donne e neonati in condizioni di fragilità e per pazienti ginecologiche/ oncologiche. „„Dimensione etica con il Comitato Etico Interaziendale per le sperimentazioni cliniche. „„Associazioni di volontariato e Fondazioni integrative alle attività sociosanitarie per accoglienza, informazione, supporto.

CONCLUSIONI L’Ospedale Ostetrico-ginecologico S.Anna di Torino fa parte dell’ AO Città della Salute e della Scienza di Torino. E’ specializzato per le fasi riproduttive della donna, alla gravidanza, al parto, alle patologie della sfera genitale femminile e della mammella. Con il Dipartimento di Discipline Ginecologiche ed Ostetriche, il Corso di Laurea in Ostetricia e di Infermieristica Pediatrica, la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino viene garantita una qualificante attività assistenziale, di didattica e di ricerca scientifica. Circa 8000 donne ogni anno partoriscono presso questo Ospedale con una assistenza altamente specialistica e qualificata, considerando il percorso nascita come evento fisiologico e rispettando i fattori sociali, culturali, emotivi e psicologici della donna e della coppia, promuovendo l’allattamento al seno ed il rooming in nelle 24 ore. L’ attività di ostetricia è stata riorganizzata per intensità di cure, in relazione alle condizioni di rischio della gravidanza e del parto. Le Neonatologie offrono assistenza globale ai neonati sani ed altamente specialistica ai neonati che necessitano di cure intensive o sub intensive, con tecnologie avanzate associate ad una attenta personalizzazione dell’assistenza. L’Ospedale è sede di coordinamento del trasporto di emergenza neonatale

avanzato di Torino e Provincia (progetto TANTO). La ginecologia è specializzata nei settori oncologico, endocrinologico ed uroginecologico, promuovendo le attività appropriate in regime di Day Surgery e Chirurgia Ambulatoriale, per razionalizzazione dei costi e controllo delle liste di attesa. E’ attivata la Breast Unit per la gestione multidisciplinare della patologia mammaria. Fa parte delle Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta. Sono sviluppate le attività diagnostico-terapeutiche per la cura della sterilità, comprese le tecniche di riproduzione assistita del 1°, 2° , 3° livello e la prevenzione e la cura delle complicanze della menopausa. E’ presente un Centro di riferimento regionale per il trattamento delle disfunzioni urinarie e del pavimento pelvico femminile. Viene implementata l’attività chirurgica di laparoscopia per il miglior percorso clinico assistenziale. Il Pronto Soccorso Ostetrico-ginecologico svolge una specifica attività di triage a carico delle Ostetriche, con la presenza del Centro SVS (Soccorso Violenza Sessuale) per la prese in carico di donne vittime di violenza sessuale, in rete con il Territorio. Sono continuamente in atto interventi di miglioramento strutturale e tecnologico per garantire condizioni sempre migliori di sicurezza e comfort alberghiero. Le Associazioni di Volontariato presenti svolgono un importante ruolo di aiuto e sostegno alle donne presenti in ostetricia,ginecologia e neonatologia. Gli strumenti ed il metodo sistematico di Governo Clinico promuovono la responsabilizzazione ed il coinvolgimento di tutti i professionisti sanitari e la partecipazione dei cittadini, per la implementazione ed il governo di un sistema complesso come quello sanitario, rendendo razionali e trasparenti i processi decisionali.

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Elevata mortalità a trenta giorni nei pazienti con scompenso cardiaco congestizio nell’ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto nel programma nazionale esiti: dato reale o anomalia di codifica? Riassunto Introduzione: Nell’Ospedale di San Benedetto del Tronto, per l’anno 2010, la percentuale di decessi in pazienti con diagnosi di scompenso riportata nel PNE è pari al 14% e dunque superiore al dato nazionale (9%). Si è proceduto ad una revisione della mortalità per scompenso al fine di individuare le motivazioni di tale scostamento. Obiettivi: Individuare le possibili cause della elevata “mortalità a trenta giorni per scompenso cardiaco”, dell’Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto, per l’anno 2010, rispetto al dato rilevato nell’ambito del Programma Nazionale Esiti nazionale. Risultati: Sulla base dell’analisi delle dimissioni con diagnosi di scompenso cardiaco, è emerso che, tra le unità operative, la U.O. di Geriatria ha per frequenza la mortalità, seconda solo all’U.O. dell’UTIC; il dato di mortalità per scompenso dell’intero Ospedale di San Benedetto del Tronto risulta quindi dipendente da tale elemento. Valutando la distribuzione percentuale dei decessi per scompenso nel reparto di Geriatria la percentuale di decessi di pazienti con un codice di diagnosi afferente al DRG 127 sul totale dei decessi è pari al 39% per l’Ospedale di San Benedetto del Tronto; le morti con DRG 127 sono qui in assoluto le più frequenti. Effettuando il confronto con un altro ospedale marchigiano, che preveda all’interno la presenza del reparto di Geriatria, l’Ospedale Provinciale Generale di Macerata, si riscontra che la percentuale di decessi con DRG 127 sul totale dei decessi era molto minore e pari al 6%. Se consideriamo le modalità di codifica dei due ospedali, emerge che nell’anno 2010 nel reparto di Geriatria dell’Ospedale di San Benedetto del Tronto nel 25% dei casi viene riportata una diagnosi principale rientrante nel DRG 127 “insufficienza cardiaca e shock”. Analizzando i dati delle SDO della Geriatria di Macerata è emerso che solo nel 6% dei casi viene riportata una diagnosi principale che rientra nel DRG 127. Supponendo omogenee le popolazioni delle U.OO. di Geriatria dei due ospedali marchigiani e escludendo una sostanziale differenza nel trattamento dei pazienti, si è ipotizzato che la forte difformità riscontrata negli esiti dell’Ospedale Madonna del Soccorso rispetto ai dati dell’Ospedale di Macerata, possa scaturire da un diverso approccio metodologico nel “processo di codifica delle SDO in caso di scompenso cardiaco”, che potrebbe portare a identificare come scompensi la maggior parte dei casi di morte, con attribuzione del DRG127 al ricovero. Applicando la percentuale di mortalità per DRG 127 sul totale dei decessi della Geriatria di Macerata (8%) al totale dei pazienti deceduti della Geriatria di San Benedetto del Tronto; il tasso di mortalità dei pazienti con DRG 127 nell’unità operativa di Geriatria si ridurrebbe dal 24 al 6%, quello dell’intero Ospedale passerebbe dal 14 al 6%. Conclusioni: Il valore dell’indicatore “mortalità a trenta giorni dal ricovero per scompenso cardiaco congestizio” può variare tra differenti aree territoriali e strutture ospedaliere. Questo fenomeno, oltre che dalla diversa qualità delle cure, può essere causato da un “bias” di codifica essendo il paziente geriatrico complesso e multiproblematico e con comorbilità spesso importanti.

PAROLE CHIAVE: Valutazione comparativa esiti, scompenso cardiaco, anomalia di codifica

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Remo Appignanesi*, Pietro Carosi*, Alessandra Ricciardi**, Ilaria Pellegrini** *Direzione Sanitaria –Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto, Area Vasta 5 **Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università Politecnica delle Marche

INTRODUZIONE Attualmente, in molti sistemi sanitari, vengono condotti programmi di valutazione comparativa degli esiti di interventi sanitari tra soggetti erogatori, seguiti dalla pubblicazione dei risultati. In Italia, le principali esperienze in tal senso sono state condotte nell’ambito del progetto “Programma nazionale di valutazione degli esiti degli interventi sanitari”, denominato PNE (15). Il PNE è un programma gestito da Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) per conto del Ministero della Salute che ha reso disponibili i risultati dell’analisi su dati SDO 2005 - 2010, su sito web dedicato accessibile (14,15). I dati SDO sono analizzati attraverso l’uso di 43 indicatori ed è possibile per ciascuno confrontare l’esito raggiunto all’interno di un presidio Ospedaliero con la media degli esiti nazionale, oltre che con altri Ospedali. L’obiettivo del PNE è quello di utilizzare le informazioni valutative fornite all’interno di processi di auditing clinico e organizzativo, finalizzati al miglioramento della qualità delle prestazioni, che, a loro volta, dovrebbero essere pratica continua del Servizio sanitario nazionale (15). Lo scompenso cardiaco

congestizio è una malattia cronica e progressiva che rappresenta uno dei maggiori problemi di salute pubblica nel mondo per frequenza, morbilità, mortalità e impatto sui Servizi Sanitari (4,12), rappresentando lo stadio terminale di malattie cardiovascolari, quali l’ipertensione arteriosa, la cardiopatia ischemica e le valvulopatie (5-8,9,12). L’ indicatore “mortalità a trenta giorni dal ricovero per scompenso cardiaco congestizio” consente di evidenziare quelle morti che possono verificarsi subito dopo la dimissione, ma che potrebbero essere evitate da cure ospedaliere più efficaci o con una maggiore efficienza del sistema delle cure territoriali (2,3). Prendendo in esame l’indicatore “scompenso cardiaco congestizio: mortalità a trenta giorni dal ricovero”, l’Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto si colloca al di sopra della media nazionale nell’anno 2010; la mortalità a trenta giorni per scompenso è infatti pari al 14%, mentre il dato nazionale è pari al 9% circa.

OBIETTIVI Obiettivo di questo studio è individuare le possibili cause di una più elevata “mortalità a trenta giorni per scompenso cardiaco” dell’Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto (14%), per l’anno 2010, rispetto al dato nazionale (9%) riportato nell’ambito del Programma Nazionale Esiti.

MATERIALI E METODI L’indicatore di valutazione del Programma Nazionale Esiti “Scompenso cardiaco congestizio: mortalità a trenta giorni dal ricovero” considera i pazienti con diagnosi principale di scompenso cardiaco quelli che hanno riportato in SDO uno dei seguenti codici: „„398.91 Insufficienza reumatica del cuore; „„402.01 Cardiopatia ipertensiva maligna con insufficienza cardiaca congestizia;

Unità operativa GERIATRIA

Dimissioni per Decessi scompenso 159 38

Incidenza cumulativa

Mortalità per UO

11,1%

23,9%

MEDICINA INTERNA

40

4

1,2%

10,0%

CARDIOLOGIA ANESTESIA E RIANIMAZIONE MEDICINA D’URGENZA

140

6

1,8%

4,3%

1

0

0,0%

0,0%

1

0

0,0%

0,0%

NEFROLOGIA – DIALISI

1

0

0,0%

0,0%

342

48

14%

14

TOT

Tabella 1. Ospedale di San Benedetto del Tronto: riepilogo decessi in pazienti con diagnosi principale di scompenso cardiaco, anno 2010

„„402.11 Cardiopatia ipertensiva benigna con insufficienza cardiaca congestizia; „„402.91 Cardiopatia ipertensiva non specificata con insufficienza cardiaca congestizia; „„404.01 Cardionefropatia ipertensiva maligna con insufficienza cardiaca congestizia; „„404.03 Cardionefropatia ipertensiva maligna con insufficienza cardiaca congestizia e insufficienza renale; „„404.11 Cardionefropatia ipertensiva benigna con insufficienza cardiaca congestizia; „„404.13 Cardionefropatia ipertensiva benigna con insufficienza cardiaca congestizia e insufficienza renale, „„404.91 Cardionefropatia ipertensiva non specificata con insufficienza cardiaca congestizia; „„404.93 Cardionefropatia ipertensiva non specificata con insufficienza cardiaca congestizia e insufficienza renale „„428.0 Insufficienza cardiaca congestizia (scompenso cardiaco congestizio) „„428.1 Insufficienza del cuore sinistro „„428.9 Insufficienza cardiaca non specificata Il numeratore è rappresentato dal numero di ricoveri con diagnosi principale di scompenso cardiaco congestizio in cui il paziente risulti deceduto entro trenta giorni dalla data di ricovero; il denominatore è dato

dal numero di ricoveri con diagnosi principale di scompenso cardiaco congestizio (13,16). Si è proceduto ad una revisione della mortalità per scompenso cardiaco per unità operativa di degenza negli anni 2010 ed è stato sviluppato un confronto con l’Ospedale Provinciale Generale di Macerata, in cui è presente il reparto di geriatria come nel Presidio di San Benedetto del Tronto. I dati riguardanti il numero di pazienti con diagnosi principale di scompenso e i relativi decessi sono stati ricavati mediante l’utilizzo del programma SDO vision Marche (17) che consente di ricavare la distribuzione di DRG per presidio ospedaliero e i dati sulla relativa mortalità e poi analizzati in ambiente Microsoft Excel.

RISULTATI Analizzando le SDO dell’anno 2010 dell’Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto, sono stati selezionati i pazienti con una diagnosi principale di scompenso cardiaco; il calcolo della mortalità relativa all’anno 2010 conferma il dato riportato nel PNE ed è pari al 14%. Si è proceduto ad analizzare nei due periodi sopra riportati la mortalità per unità operativa di degenza ed è emerso che il reparto di Geriatria risultava il secondo in ordine di frequenza dopo l’unità di terapia intensiva coronarica per quanto riguarda la mortalità

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  127 - Insufficienza cardiaca e shock 089 - Polmonite semplice e pleurite, età > 17 anni con CC 014 - Emorragia intracranica o infarto cerebrale 463 - Segni e sintomi con CC 576 - Setticemia senza ventilazione meccanica = 96 ore, età > 17 anni 079 - Infezioni e infiammazioni respiratorie, età > 17 anni con CC 087 - Edema polmonare e insufficienza respiratoria 316 - Insufficienza renale Altro DRG Totale Decessi

DECEDUTI 36 15 8 5 4 2 2 2 18 92

% DECEDUTI 39 16 9 5 4 2 2 2 20 100

Tabella 2. Distribuzione percentuale dei decessi per DRG nel reparto di Geriatria di San Benedetto del Tronto, anno 2010 DECEDUTI % DECEDUTI 014 - Emorragia intracranica o infarto cerebrale 19 16 079 - Infezioni e infiammazioni respiratorie, età > 17 anni con CC 13 11 127 – Insufficienza cardiaca e shock 9 8 172 - Neoplasie maligne dell’apparato digerente con CC 8 7 576 - Setticemia senza ventilazione meccanica = 96 ore, età > 17 anni 8 7 6 5 089 - Polmonite semplice e pleurite, età > 17 anni con CC 087 - Edema polmonare e insufficienza respiratoria 5 4 130 - Malattie vascolari periferiche con CC 4 3 132 – Aterosclerosi con CC 4 3 203 - Neoplasie maligne dell’apparato epatobiliare o del pancreas 4 3 099 - Segni e sintomi respiratori con CC 3 3 123 - Malattie cardiovascolari con infarto miocardico acuto, morti 3 3 144 - Altre diagnosi relative all’apparato circolatorio con CC 3 3 210 - Interventi su anca e femore, eccetto articolazioni maggiori, età > 3 3 17 anni con CC Altro 24 21 Totale Decessi 116 100 Tabella 3. Distribuzione percentuale dei decessi per DRG nel reparto di Geriatria di Macerata, anno 2010

per scompenso, con una percentuale di decessi pari rispettivamente al 24% nel 2010 (Tabella 1). Si rileva che il dato della mortalità per il DGR 127 di una singola Unità operativa è pari al 39%, con un evidente riflesso, stante il numero assoluto di casi, sul dato totale del presidio. Si è ritenuto quindi necessario procedere alla valutazione della distribuzione per DRG dei decessi dell’UO di geriatria, rilevando una concentrazione sul DGR 127. La valutazione di questo dato richiedeva una verifica nella comparazione con un’altra struttura ospedaliera dotata di una degenza geriatrica: si è considerato l’Ospedale Generale Provinciale di Macerata che registrava un

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valore dell’indicatore del PNE inferiore alla media italiana e pari all’8%. Il dato relativo alla distribuzione per DRG dei decessi in quella struttura evidenziava una bassa frequenza dei decessi con DRG 127 (Tabella 3). L’analisi delle dimissioni evidenziava una distribuzione analoga con un eccesso di dimissioni per DRG 127 nella struttura dell’Ospedale di San Benedetto del Tronto (Tabelle 4). Nell’ipotesi che un’anomalia di codifica della U.O. di Geriatria di San Benedetto del Tronto potrebbe portare a identificare come scompensi e quindi attribuire al DRG 127 la maggior parte dei casi di morte, si è proceduto ad effettuare una “normalizzazione” della mortalità ap-

plicando la percentuale di mortalità per DRG 127 sul totale dei decessi della Geriatria di Macerata (8%) ai pazienti della Geriatria di San Benedetto del Tronto; essendo il numero assoluto totale di decessi della Geriatria dell’Ospedale di San Benedetto del Tronto per l’anno 2010 pari a 92, supponendo che solo l’8% dei deceduti avessero una diagnosi afferente al DRG 127 si otterrebbe che il numero assoluto di pazienti deceduti con DRG 127 sarebbe pari a 7; lo scarto rispetto al dato riscontrato nel 2010 a San Benedetto del Tronto (36 decessi con DRG 127) è di ben 29 unità. Andando a calcolare il nuovo tasso di mortalità della Geriatria di San

SAN BENEDETTO DEL TRONTO OSP. MADONNA DEL SOCCORSO

DRG

DRG (%)

127 - Insufficienza cardiaca e shock 157 25% 089 - Polmonite semplice e pleurite, età > 17 anni con CC 80 13% 014 - Emorragia intracranica o infarto cerebrale 34 5% 395 - Anomalie dei globuli rossi, età > 17 anni 29 5% 207 - Malattie delle vie biliari con CC 21 3% 088 - Malattia polmonare cronica ostruttiva 20 3% 316 - Insufficienza renale 12 2% 463 - Segni e sintomi con CC 11 2% 180 - Occlusione gastrointestinale con CC 10 2% 429 - Disturbi organici e ritardo mentale 10 2% Altri DRG 265 43% Totale 649 100% Tabella 4. Primi 10 DRG in ordine di frequenza, anno 2010. Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto DRG

MACERATA OSP. GENERALE PROVINCIALE

DRG (%)

72 60 40 35 27 25 22 20

13% 11% 7% 6% 5% 4% 4% 4%

17

3%

16 262 596

3% 46% 100%

012 - Malattie degenerative del sistema nervoso 014 - Emorragia intracranica o infarto cerebrale 089 - Polmonite semplice e pleurite, età > 17 anni con CC 127 - Insufficienza cardiaca e shock 079 - Infezioni e infiammazioni respiratorie, età > 17 anni con CC 132 - Aterosclerosi con CC 088 - Malattia polmonare cronica ostruttiva 524 - Ischemia cerebrale transitoria 015 - Malattie cerebrovascolari acute aspecifiche e occlusione precerebrale senza infarto 144 - Altre diagnosi relative all’apparato circolatorio con CC Altri DRG Totale

Tabella 5. Ospedale Provinciale di Macerata: primi 10 DRG in ordine di frequenza, anno 2010

Benedetto del Tronto, esso risulterebbe pari al 6%, poichè dovremmo sottrarre sia al numeratore (48 decessi con DRG 127) sia al denominatore (342 pazienti con DRG 127) un delta di 29 pazienti. L’impatto di questa riduzione di decessi sul tasso di mortalità dell’intero ospedale di San Benedetto del Tronto, il nuovo tasso risulterebbe pari al 6%, poiché dovremmo sottrarre sia al numeratore (36 decessi con DRG 127) sia al denominatore (157 pazienti con DRG 127) un delta di 29 pazienti. La riduzione di 29 decessi con DRG 127 porterebbe dunque a ridurre il tasso di mortalità dell’intero ospedale di San Benedetto del Tronto dal 14 al 6%;

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI La diffusione dei dati relativi al PNE richiede da parte di ciascuna struttura l’analisi dei fenomeni evidenziati al fine di adottare le necessarie misure correttive. Il valore dell’indicatore “mortalità a trenta giorni dal ricovero per scompenso cardiaco congestizio” può variare tra differenti aree territoriali e strutture ospedaliere (14). Questo fenomeno, oltre che dalla diversa qualità delle cure, può essere causato dalla eterogenea modalità di codifica adottata (10,11). Nel caso particolare si è rilevato come le modalità di codifica utilizzate in una singola UO

possa determinare un dato anomalo per l’intera struttura. Il paziente geriatrico è complesso e multiproblematico e spesso presenta comorbilità importanti (1,4) che possono essere alla base di una certa variabilità nella interpretazione e nella codifica della diagnosi principale, che talora, può risentire come già detto, di valutazioni soggettive. D’altra parte si deve rilevare che nell’ambito degli obiettivi di budget assegnati dalla Regione Marche vi era quello relativo all’abbattimento dei ricovero per scompenso cardiaco e questo, a seguito dell’assegnazione di specifici obiettivi di budget, può anche aver determinato in alcune strutture una modifica delle

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NUMERO TOT DECESSI A SBT

NUMERO ASSOLUTO DECESSI CON DIAGNOSI SCOMPENSO A SBT

% DECESSI PER SCOMPENSO A SBT (SUL TOT DEI DECESSI)

% DECESSI PER SCOMPENSO A MC (SUL TOT DEI DECESSI)

DECESSI ATTESI APPLICANDO LA % DECESSI di MC

DELTA DECESSI

NUMERATORE NUOVO TASSO MORTALITA’

DENOMINATORE NUOVO TASSO MORTALITA’

NUOVO TASSO MORTALITA’

92

36

39

8

7

29

7

128

6%

Tabella 6. Standardizzazione della distribuzione di frequenza della mortalità del reparto di Geriatria di San Benedetto del Tronto NUMERO TOT DECESSI PER SCOMPENSO OSPEDALE SBT

NUMERO TOTALE DIAGNOSI SCOMPENSO OSPEDALE SBT

% DECESSI PER SCOMPENSO osp SBT

DELTA DECESSI

NUMERATORE NUOVO TASSO MORTALITA’

DENOMINATORE NUOVO TASSO MORTALITA’

NUOVO TASSO MORTALITA’

48

342

14

29

19

313

6%

Tabella 7. Effetti della standardizzazione della distribuzione di frequenza della mortalità del reparto di Geriatria di San Benedetto del Tronto sul tasso di mortalità dell’intero Ospedale

“abitudini” di codifica. Il caso analizzato suggerisce anche la possibilità di valutare nel corso del processo di elaborazione degli indicatori di esito (16) la presenza all’interno di singole strutture Unità operative con valori fuori da un range predefinito, al fine di consentire una verifica e quindi la segnalazione della possibile presenza di un fattore di confondimento.

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L’ospedale e la richiesta di pratiche non convenzionali CASE REPORT

Riassunto Presso l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto è pervenuta la richiesta di una paziente di effettuare il parto con tecnica “lotus”, metodica appartenente alle pratiche “non convenzionali”. In letteratura, non sono riportati vantaggi legati a questa tecnica, che potrebbe invece associarsi ad un aumento del rischio infettivo per il neonato. L’eventuale effettuazione della procedura avrebbe richiesto, oltre ad una necessaria fase di approfondimento preliminare circa le evidenze in materia, anche una fase formativa per gli operatori sanitari coinvolti e la definizione di protocolli specifici, non attuabili data l’imminenza del parto. La paziente, residente nell’ambito dell’Area vasta 5, pur informata dell’impossibilità di attuare le modalità richieste, nel momento del parto si è comunque rivolta al Pronto Soccorso dell’ Ospedale Madonna del Soccorso, negando il consenso ad effettuare il parto nelle modalità ordinarie. Il parto è stato svolto quindi con la tecnica del “lotus birth” con un’evidente forzatura da parte dell’utente, che di fatto ha determinato una “violenza sull’organizzazione ospedaliera”, costringendo gli operatori a fornire assistenza in condizioni non sperimentate precedentemente. Considerando che la pratica del “lotus birth” si sta diffondendo, si è evidenziata la necessità di ulteriori approfondimenti in materia e di una riflessione da parte dell’Ordine dei Medici e del Collegio professionale delle ostetriche.

Remo Appignanesi*, Ilaria Pellegrini**, Alessandra Ricciardi** *Direzione Sanitaria –Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto, Area Vasta 5 **Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università Politecnica delle Marche

PAROLE CHIAVE: Lotus birth, medicine non convenzionali, legittimazione attività medica, scelta terapeutica del singolo e del medico, consenso selettivo.

INTRODUZIONE Alla fine degli anni Settanta è stato coniato il termine “lotus birth” per indicare un metodo di parto che prevede di non recidere il cordone ombelicale e nel lasciare il bambino collegato alla placenta dopo il secondamento (9), fino al distacco spontaneo alcuni giorni dopo la

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nascita (dai 2 ai 10, ma in media 3 o 4). Il “lotus birth” può essere collocata nell’ambito delle pratiche definite “non convenzionali” (1,4,5,8); esso prende il nome da Clair Lotus Day, infermiera californiana che quando rimase incinta, ebbe la percezione che il taglio del cordone ombelicale fosse una violenza sul bambino.

Nel mese di novembre 2012 presso l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto è pervenuta la richiesta di una paziente di effettuare il parto con tecnica “lotus”. In assenza di precedenti di applicazione di questa tecnica, la Direzione Medica di Presidio ha comunicato alle Unità operative di informare gli utenti che tale procedura non era erogata presso la struttura, richiedendo alle Direzioni delle UU.OO. di Ostetricia e Ginecologia e Pediatria di valutare le evidenze in materia e, su tale base, procedere all’eventuale definizione delle procedure necessarie in ragione degli aspetti relativi alla protezionistica per gli operatori e degli altri degenti. Successivamente la paziente si è rivolta all’U.O. di Ostetricia e Ginecologia e nel corso del confronto si è data informazione circa le procedure correntemente in uso nella struttura, che non includono quella del “lotus birth”, con l’invito a rivolgersi ad una struttura che erogasse la prestazione richiesta o ad accedere alla possibilità del parto a domicilio, come regolamentato dalla Legge Regionale 27 luglio 1998, n. 22 successivamente integrata dalla Legge Regionale 5 febbraio 2008, n. 2. La paziente, residente nell’ambito dell’Area vasta, pur essendo stata informata della impossibilità di attuare le modalità richieste, nell’imminenza del parto si è comunque rivolta al pronto soccorso del presidio ospedaliero, il medico dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia ha proceduto a ricovero. Nonostante una ulteriore tentativo di convincere i genitori a procedere

secondo le modalità ordinarie, il parto si è svolto con tecnica del “lotus birth” ed è stato seguito a poche ore dalla dimissione volontaria della paziente, successivamente ad un ulteriore chiarimento sui rischi potenziali da parte del medico pediatra.

DISCUSSIONE La pratica del “lotus birth” negli ultimi anni si sta diffondendo in Italia; sono stati effettuati diversi parti “lotus”. Secondo i sostenitori del “lotus birth” il contatto prolungato con la placenta permette al bambino di ricevere tutta la quantità del sangue placentare, senza una interruzione forzata dovuta al taglio del cordone ombelicale nel momento dell’espletazione del parto, favorendo una maggiore costituzione del sistema immunitario; inoltre tale pratica sarebbe associata a un minor rischio di insorgenza di ittero nel neonato (9,12). In letteratura scientifica tuttavia, non è presente alcun risultato che consenta di supportare tali affermazioni e si evidenzia una mancata ricerca circa la sicurezza di questa pratica. Il “Royal College of Obstetricians and Gynaecologists” (RCOG) del Regno Unito segnala l’importanza di informare pienamente i futuri genitori dei rischi potenziali del “lotus birth”. In particolare si segnalano i potenziali rischi infettivi relativi al prolungato ristagno di sangue a livello placentare, organo non perfuso e non vitale nel periodo postpartum, in contatto diretto con la circolazione del neonato e l’RCOG raccomanda un attento monitoraggio per rilevare eventuali segni e sintomi di infezione nel neonato, pur essendo necessari ulteriori studi in materia (10). La presidenza della Società italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO) si è pronunciata definendo questa tecnica solo una «moda», affermando che: «tale tecnica non presenta alcuna utilità o beneficio, e può causare problemi di tipo igienico e anche batteriologico. La placenta va infatti in necrosi

dopo un certo periodo, raccogliendo così germi che, anche se la circolazione sanguigna si interrompe, possono comunque arrivare al neonato» (13). Il compito specifico degli operatori sanitari è quello di offrire ad ogni paziente una scelta informata e di rispettare la scelta operata (7,11). D’altro canto nel caso specifico, va sottolineato che l’applicazione di nuove procedure avrebbe richiesto una necessaria fase di approfondimento preliminare circa le evidenze in materia, una fase formativa per gli operatori sanitari coinvolti e la definizione dei protocolli che consentano la corretta applicazione della tecnica considerata, non attuabili né proponibili data l’imminenza del parto della donna (3,14). L’evidente forzatura da parte dell’utente che, pur essendo stata precedentemente e correttamente informata, si è rivolta comunque alla struttura, ha di fatto determinato una “violenza sull’organizzazione ospedaliera”, costringendo gli operatori a fornire assistenza in condizioni nuove e non conosciute. D’altra parte, non è possibile imporre una procedura sanitaria: la legittimazione dell’attività medica deriva infatti dal consenso del paziente o da chi legalmente lo rappresenta; data l’imminenza del parto ed essendo la paziente residente nell’ambito dell’Area vasta non vi erano le condizioni per l’invio ad altra struttura. I dati raccolti non consentivano di evidenziare un rischio tale per il nascituro da configurare le condizioni per ricorrere all’intervento dell’Autorità Giudiziaria a tutela del nascituro. In merito alla richiesta dell’utente di consegna della placenta, normalmente essa, una volta espulsa, viene di solito lasciata nella disponibilità della struttura ospedaliera e una volta esaurita la sua funzione di adattamento intrauterino, segue il normale iter previsto in ospedale per lo smaltimento dei rifiuti (2). Considerata la specificità della questione, che attiene alle scelte individuali relative ad un momento tanto rilevante nella vita di

ciascuno, si è ritenuto di consentire alla richiesta.

CONCLUSIONI Il caso riportato evidenzia le problematiche derivanti nell’erogazione di un servizio sanitario pubblico dal raffrontarsi con richieste specifiche da parte del paziente e quindi del difficile e talora conflittuale rapporto tra scelta terapeutica del singolo e scelta di cura da parte dei medici, nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione. In Italia – pur in assenza di una legge quadro nazionale sulle medicine non convenzionali, richiesta a tutti gli stati membri dell’Unione europea da specifiche risoluzioni del Parlamento europeo (n. 75 del 29 maggio 1997) e del Consiglio d’Europa (n. 1206 del 4 novembre 1999 – la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) riconosce dal 2002 nove medicine non convenzionali: inoltre sia nel precedente codice di deontologia medica (1998), sia nel codice di deontologia medica vigente (2006) è presente un articolo dedicato alle medicine non convenzionali. Nello specifico l’articolo 15 del codice di deontologia medica sottolinea infatti il principio di autoregolamentazione della responsabilità professionale del medico, che assume carattere più incisivo laddove si tratti di medicine non convenzionali: il ricorso a tali pratiche non deve tuttavia sottrarre il cittadino a trattamenti specifici e scientificamente consolidati e richiede sempre una preliminare e circostanziata informazione, con successiva acquisizione del consenso (6). Considerando che la pratica del “lotus birth” si sta diffondendo e che quindi potrebbero esserci future richieste in merito, il caso ha evidenziato la necessità di ulteriori approfondimenti in materia ed è stato posto all’attenzione dell’ordine dei Medici e del Collegio professionale delle ostetriche: il ricorso al “consenso selettivo” da parte dell’utente del servizio determina

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di fatto l’impossibilità dell’organizzazione di erogare una prestazione in modo completo e coerente. Inoltre, nel caso l’utente si rivolga ad una struttura sanitaria pubblica, presso la stessa verrà erogata l’assistenza secondo le modalità definite dai responsabili delle UU.OO. coinvolte nella gestione dell’assistenza, con il consenso dell’utente, ma nel rispetto della professionalità degli operatori, dei vincoli normativi in materia di sicurezza per gli altri degenti e gli operatori coinvolti con i vincoli di una struttura che eroga assistenza ad un insieme di utenti, garantendo per quanto possibile una personalizzazione dell’assistenza.

BIBLIOGRAFIA 1. Agenzia sanitaria e sociale regionale regione Emilia Romagna. Dossier 1862009 “Le medicine non convenzionali e il

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Servizio sanitario dell’Emilia-Romagna. Un approccio sperimentale”, 2009 2. D.M. 219/2000 “Rifiuti sanitari”. 3. Davies, Leap, McDonald. Examination of the Newborn & Neonatal Health: A Multidimensional Approach, Elsevier Health Sciences, 2008. ISBN 0-44310339-9. 4. Disegno di legge d’iniziativa dei senatori Bosone, Ignazio Roberto Marino, Biondelli, Chiaromonte, Leopoldo Di Girolamo, Mongiello, Paolo Rossi - Comunicato alla Presidenza il 29 Maggio 2008 “Disciplina delle medicine non convenzionali esercitate da laureati in medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria. 5. Dobrilla G. Le alternative. Guida critica alle cure non convenzionali di Avverbi-Zadig, 2008. 6. Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici dei Chirurghi e degli Odontoiatri, Codice di Deontologia Medica (16 Dicembre 2006).

7. Lombardo C, La placenta appartiene alla donna, Cultura e società . 8. Parvati B, Jeannine. Prenatal Yoga & Natural Childbirth, North Atlantic Books, U.S., 2001. 9. Rachana S.” Lotus birth Nati..con la placenta” Edizioni Amrita, 2005 10. RCOG statement on umbilical nonseverance or “lotus birth”, 2008. 11. Scudieri R. La nascita lotus dal punto di vista del diritto, Cultura e società. 12. Sito ufficiale Lotus birth Italia http:// www.lotusbirth.it/ 13. Surico N, Valensise H, Sirimarco F, Viora E, Felis S. Newsletter settimanale della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia. 2012 ANNO IV, numero 1403. http://www.sigo.it/usr_files/newsletter/sigo_newsletter_140-2012.pdf 14. World Health Or ganization (WHO). Care in normal birth: A practical guide, report of a technical working group, Geneva, Switzerland, 1997.

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L’igiene come valore primario: innovazione e sostenibilità. Il sistema PCHS -Probiotic Cleaning Hygiene System - nell’esperienza applicata Riassunto Dalla ricerca alla prova dei fatti : l’esperienza applicata del Sistema PCHS per la pulizia e l’igiene, pone in evidenza come sia possibile concretamente coniugare innovazione con sostenibilità, favorendo il recupero e la riscoperta dell’IGIENE come valore primario. La parola d’ordine è l’IGIENE il cui standard deve essere misurato oggettivamente; il PCHS è un contributo in questo percorso. L’introduzione del PCHS (tab.1) nelle strutture Ospedaliere consente di saldare esigenze di riduzione dei costi con elevati standard di igiene in un contesto di grande criticità in cui si trova oggi coinvolto tutto il sistema sanitario: Il grave deterioramento del mercato dei servizi, con procedure ad evidenza pubblica che di fatto premiano solo il massimo ribasso, espone il sistema sanitario ad un pericoloso arretramento su aspetti inerenti la sicurezza e l’affidabilità: il diffondersi delle infezioni nosocomiali richiama l’attenzione di tutti a non abbassare la guardia sui livelli di igiene.

Mario Pinca Responsabile PCHS - Amministratore Delegato Copma Scarl

PAROLE CHIAVE: Innovazione, Sostenibilità, Igiene stabile, Riduzione costi, Riduzione rischio trasmissione infezioni

Il seminario “l’Innovazione che innova nei servizi di sanificazione ambientale” , che si è tenuto a Roma nel 2013 nell’ambito del 39° Congresso Nazionale dell’ANMDO, si è posto l’obiettivo di offrire al dibattito scientifico non solo uno stato di avanzamento rispetto ai numerosi meeting che si sono svolti sul tema, ma di tracciare un ulteriore percorso della ricerca partendo da alcuni nuovi riferimenti sia in termini di risultati della ricerca che dell’esperienza effettuata (dalla elaborazione di una ipotesi di scala di valori degli agenti patogeni, alla valoriz-

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zazione economica dei benefici derivanti dalla riduzione delle infezioni correlate all’assistenza in conseguenza di un approccio integrato tra metodologia di pulizia e buona prassi igienica, alla implementazione del sistema Pchs nelle strutture sanitarie). Al centro di tutto, il minimo comune denominatore è “l’IGIENE come valore primario: il diffondersi delle infezioni contratte in ambiente ospedaliero porta inevitabilmente alla necessità d attivare tutte le azioni indispensabili al fine di ridurle agendo prima di tutto sulle cause. Ciascuno è chiamato a fare la

propria parte che per l’ impresa di pulizia è quella di fare in modo che l’ambiente sia mantenuto a bassa carica microbica potenzialmente patogena nell’intero arco delle 24 ore; un contributo concreto per ridurre il rischio di trasmissione delle infezioni. I recenti dati shock (pubblicati da Dghk) relativi a oltre 40.000 morti in Germania per infezioni, sono solo la conferma dell’emergenza in cui ci si trova; dopo la ricerca dell’Università di Ferrara e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara che aveva evidenziato come sia possibile ridurre le ICA (con dato tendenziale di oltre il 60%) e dei costi connessi. Anche la recente pubblicazione di una ricerca svolta dalle Università di Milano Bicocca e di Bergamo su 30 ospedali della Lombardia, mette in evidenza il nesso quantificabile tra infezioni ospedaliere e spese per l’Igiene. L’IGIENE è quindi la parola d’ordine su cui vanno orientati e concentrati gli sforzi da parte di tutti, operatori e decisori al fine individuare e sostenere processi (normativi, produttivi, etici etc) in grado di corrispondere alle attese. Troppo spesso oggi appaiono alternativi la centralità dei costi rispetto a quella del paziente; il diritto alla salute significa assicurare livelli di cura e di igiene per soddisfare il bisogno di sicurezza. Occorre garantire adeguati livelli di salubrità e di igiene degli ambienti ospedalieri perchè (letteralmente da vocabolario) “giova alla salute”. Il contributo che portiamo è co-

Tabella 1: slide di sintesi presentata al 39° Congresso Nazionale Anmdo

niugare innovazione e sostenibilità; nel caso dei servizi di sanificazione vuol dire garantire adeguati standard di igiene negli ambienti sanitari contenendone i costi. L’igiene non è un punto di vista ma un parametro oggettivo con cui misurarsi; il sillogismo pulizie=igiene non funziona, anzi la dinamica del massimo ribasso, attualmente dominante, relega di fatto l’igiene ai margini delle priorità. „„Dal 39° Congresso ANMDO pe-

rò vengono due nuovi riferimenti: capitolato tecnico e nuovi indicatori di igiene. L’ANMDO ha presentato e pubblicato l’aggiornamento del Capitolato Tecnico, frutto del lavoro di gruppo con imprese, Scuola Nazionale Servizi, associazioni datoriali e di rappresentanza; un documento da cui emerge con forza che le procedure di sanificazione debbano poter corrispondere a precisi obiettivi”… con efficacia rilevabile e misurabile

con tecniche e metodiche atte ad individuare la carica microbica ambientale potenzialmente patogena per mantenerla compressa nel tempo”. Il Cias (Centro studi Inquinamento ambienti ad Alta Sterilità) dell’Università di Ferrara ha proposto nuovi indicatori di Igiene per singolo patogeno, l’I.Q.M. Indicatore di Qualità Microbiologica; finalmente si sposta l’attenzione dall’operazione di pulizia fine a se stessa alla misura degli

Ore 14:00

I.Q.M indice qualità microbiologica

S. aureus

< 1.000 UFC/m2

Pseudomonas spp.

< 500 UFC/m2

Coliformi totali

< 500 UFC/m2

Candida spp.

< 1.000 UFC/m2

Clostridium d.

< 2.000 UFC/m2

Tabella 2: Scala di accettabilità dell’Indice di Qualità Microbiologica IQM

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Fattori di costo

Metodo PCHS

produzione del servizio

- 5/15%

rifiuti materiali (kg)

-30/40%

consumi prodotti (kg)

-4/12%

utilizzo prodotti chimici definiti “pericolosi” (ciclo completo)

-40/50%

risorse energetiche ed idriche

-15/28%

Tab.3: incidenza fattori di costo

effetti; ovvero “l’igiene”, con controllo di processo e di risultato atto a garantire in modo stabile bassa carica microbica potenzialmente patogena. Dalla Relazione scientifica “…in base ai risultati della ricerca è stato possibile individuare una scala di valori di accettabilità delle procedure di sanificazione, riportato in Tabella 2. Il principio cardine che si propone consiste nel fatto che, indipendentemente dal tipo di protocollo scelto, si utilizzi un metodo unico, condiviso e oggettivo di valutazione della efficacia del trattamento, al fine di introdurre un metodo di misura dei risultati ottenuti… Questo metodo individua i valori numerici dell’Indice Qualità Microbiologica (I.Q.M.), che rappresentano i valori massimi di contaminazione di una superficie da parte degli specifici microrganismi potenzialmente patogeni di interesse nella microbiologia nosocomiale…” „„Nel “FORUM INNOVAZIONE in sanità” di Bologna nell’aprile 2014, il Capitolato tecnico è stato oggetto di un nuovo meeting di approfondimento con successiva pubblicazione di specifica linea guida. Obiettivo di capitolato: “la garanzia della salvaguardia dei livelli di igiene in relazione alla ridu-

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zione stabile delle diverse specie di microrganismi potenzialmente patogeni” „„Dalla ricerca alla produzione; la positiva esperienza di implementazione del Sistema PCHS in ambito ospedaliero e socio sanitario dislocate in varie Regioni d’Italia, è sintetizzabile nei seguenti numeri: „„21 strutture già attivate „„12 strutture in via di attivazione (compresi anche test di valutazione). Quale approccio e quali gli elementi significativi nell’implementare il PCHS? Naturalmente si impatta la resistenza al cambiamento cui bisogna far fronte con processi informativi e formativi ben strutturati; grande attenzione quindi alla gestione delle risorse umane. I temi dell’efficacia e della sicurezza vanno sempre sottoposti alla evidenza pratica e documentale. I benefici indiretti (riduzione rischi derivanti dall’uso di sostanze chimiche, riduzione del rischio di trasmissione delle infezioni e dei relativi costi, riduzione dei rischi ambientali) rappresentano valori molto sentiti. Infine le procedure di controllo del ciclo di erogazione del servizio e di monitoraggio microbiologico connotano l’affidabilità e la trasparenza del sistema PCHS. Nella tabella 3 vengono riportati i fattori di costo

ed il loro contenimento rispetto ai sistemi tradizionali. Controllo di Conformità dello Standard Qualità PCHS. Nella definizione dei Protocolli di pulizia PCHS sono previste specifiche procedure di controllo di conformità che consistono: „„nel presidio del processo attraverso il Sistema ACC (AlwaysConnectedCopma), „„nella verifica, di terza parte, del rispetto degli standard igienici I.Q.M con campionamento microbiologico per specie potenzialmente patogena, „„nel controllo dei parametri di processo (check list). Se la posta in gioco è quale livello di igiene in sanità, è indispensabile investire in innovazione e qualità in un quadro di trasparenza e affidabilità. Questo è il contributo che il Sistema PCHS immette nel settore della pulizia e sanificazione ma è anche un contributo per promuovere l’avvio di processi innovativi e virtuosi a supporto del servizio sanitario.

Quelle che seguono sono le slide che hanno accompagnato la relazione del Dott. Mario Pinca, amministratore delegato di Copma scarl, al Forum dell’Innovazione in Sanità, tenutosi a Bologna lo scorso 10 aprile, nella sessione ‘sanificazione e igiene: innovare il capitolato tecnico’.

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Orizzonti 99MS: la soluzione di Sapio Life per la disinfezione

Sapio Life, nell’ottica della realizzazione chiavi in mano dell’ospedale e secondo l’approccio di global service, dallo scorso anno distribuisce in esclusiva il sistema di disinfezione 99MS prodotto in Italia. È un sistema disinfettante che abbatte in modo efficace qualsiasi tipo di microorganismo inclusi batteri, virus, spore, funghi e bio-film, garantendo l’igiene e la disinfezione degli ambienti professionali e sanitari ad alto e medio rischio. 99MS è composto da un modulatore micro nebulizzatore che aerosolizza la soluzione disinfettante a base di perossido di idrogeno stabilizzato < 8% e cationi di argento generando una nebbia secca, praticamente invisibile, composta da goccioline di dimensioni inferiori a 1 µm. La caratteristica innovativa, rispetto agli altri prodotti presenti sul mercato, è la velocità di applicazione, dalla quale ne consegue la notevole riduzione dei tempi di inattività dell’ambiente. Ad esempio effettuando un trattamento di disinfezione (1ml/m3) in una sala operatoria di 120 m3 è possibile riutilizzarla dopo circa 45 minuti (tempo di erogazione del prodotto: solo 6 minuti). Con un solo litro di soluzione si possono sanificare fino a 1.000 m3 in un’ora. Per dimostrare l’altissima efficacia e rapidità del sistema di disinfezione 99MS nel ridurre la carica microbica ambientale, Sapio Life organizza una prova microbiologica di efficacia, con relativa analisi da parte di un laboratorio accreditato dal Ministero, negli ambienti dove il cliente intende testare il sistema 99MS. www.sapiolife.it

Exposanità dal 21 al 24 maggio 2014 a Bologna Fiere

Exposanità è l’unica manifestazione fieristica italiana dedicata ai temi della sanità e dell’assistenza. Nel 2012, 29 mila visitatori hanno scelto Exposanità per aggiornarsi sul mercato e formarsi professionalmente, 792 sono state le aziende espositrici provenienti da 16 paesi che hanno presentato i propri prodotti e servizi al mercato nazionale oltre 500 le ore di formazione che hanno costituito un irrinunciabile momento di aggiornamento professionale per gli addetti della sanità e dell’assistenza . L’edizione di quest’anno si incentrerà su 3 i focus tematici: „„Ospedale e territorio con particolare riferimento alla gestione della struttura ospedaliera in relazione al territorio e alla necessaria razionalizzazione dei costi; „„Disabilità, affrontata nei vari contesti, dal lavoro alla pratica sportiva, dal tempo libero all’integrazione scolastica „„Terza età, un’inevitabile sfida per la sanità e per gli operatori che dovranno far fronte alle mutate esigenze di una popolazione che nel 2040, in Italia, avrà il 35% di over 65 e Internazionalizzazione, per promuovere le eccellenze della produzione italiana. Ad accompagnare la parte espositiva , oltre 500 ore di formazione professionale e numerose iniziative speciali! Nove saranno le aree espositive: „„HOSPITAL, Salone delle tecnologie e prodotti per ospedali

„„MIT, Medical Innovation & Technology „„DIAGNOSTICA 2000, Salone delle apparecchiature e prodotti per la diagnosi „„SISTEM, Salone dell´informatica sanitaria e della telemedicina „„HEALTHY DENTAL, Prodotti, tecnologie e soluzioni per la salute dentale „„SANITÀ ANIMALE,Organizzazione, tecnologie, soluzioni per la sanità animale „„SALUTE AMICA, Rassegna dei progetti e delle realizzazioni per la qualità del servizio sanitario „„HORUS Handicap, ortopedia, riabilitazione „„TERZA ETA, Soluzioni, prodotti e servizi per la terza età. Richiedi l’ingresso ridotto online www.exposanita.it

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Orizzonti Il bioluminometro in ambiente ospedaliero

Verificare il livello igienico delle superfici, degli utensili e degli ambienti è sempre stato molto importante, ma diventa davvero essenziale quando si opera in ambienti ad alto rischio igienico come ospedali, mense, case di cura, industrie alimentari ecc.. In queste realtà è importante sapere se si è pulito correttamente, ma ancora più importante è saperlo subito! Da sempre ci si è basati sui tamponi microbiologici per ottenere le informazioni sul livello igienico dell’ambiente, ma questo dato è disponibile solo alcuni giorni dopo l’effettuazione del tampone. E’ chiaro che nel tempo che intercorre tra il campionamento e la risposta, si continua ad usufruire dell’ambiente o della superficie anche se non è correttamente sanificata. Per ottenere un’informazione rapida e precisa sulle condizioni igieniche di una superficie, si sta rapidamente diffondendo il Test dell’ATP effettuato utilizzando il bioluminometro e i relativi tamponi monouso. Il particolare il luminometro EnSure, utilizzato con i tamponi SuperSnap ad alta sensibilità, è un sistema rapido di rilevazione dell’igiene particolarmente sensibile e sofisticato. Normalmente il bioluminometro viene utilizzato con i tamponi UltraSnap per la verifica dello stato igienico delle superfici. Ma quando gli ambienti sono particolarmente a rischio si utilizzano i tamponi SuperSnap ad alta sensibilità in quanto sono dotati di una soglia di rilevabilità pari a 0,5 fentomoli di ATP. I tamponi SuperSnap possono rilevare residui organici a livelli paragonabili a limiti di rilevazione dei test per allergeni specifici. Inserendo i tamponi SuperSnap in un programma di prevenzione, i rischi di contaminazione vengono visualizzati e riconosciuti in tempo reale e si possono così applicare immediatamente le relative azioni correttive. I tamponi SuperSnap utilizzati in associazione con il luminometro EnSURE producono valori in linea con gli standard di accettabilità ANMDO/CERMET in ambito ospedaliero. www.rgstrumenti.it

La sala operatoria mobile arriva a Cittiglio Da aprile 2014, presso l’Ospedale di Cittiglio (Varese) è stata posizionata una Sala Operatoria Mobile di Vanguard Healthcare Solutions (VHS) Italy Srl distribuita in Italia dalla Osp.Ital.–Dimensione Spa. La sala operatoria è stata noleggiata per cinque settimane, il tempo necessario per concludere i lavori nel reparto al piano sovrastante il blocco operatorio, che rimarrà quindi chiuso ed inagibile. L’ASL di Varese ha deciso di affidarsi a questa innovativa soluzione altamente tecnologica per poter garantire l’attività chirurgica. Le sale operatorie mobili permettono di continuare l’attività chirurgica nella più assoluta sicurezza e con standard di qualità elevatissimi pari alle sale operatorie classiche. Garantendo la conformità a tutti i requisiti normativi

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possono essere utilizzate in caso di ristrutturazione, di inagibilità, di emergenza, di abbattimento delle liste di attesa e di ampliamento del bacino d’utenza. L’unità noleggiata a Cittiglio è lunga 15 m ed è una delle più nuove della flotta Vanguard ed è composta da: locale anestesia, sala operatoria a flusso laminare, locale risveglio con tre postazioni, locale lavaggio e due aree di servizio; per un totale di più di 100 metri quadri. L’istallazione della sala operatoria si conclude in poche ore e non necessita di nessuna opera civile ma solo un di un allacciamento elettrico ed idrico. Al termine vengono effettuati i collaudi e i corsi propedeutici per il personale clinico e tecnico. www.vanguardhs.com

S.HO.W.: la raccolta dei liquidi sicura e semplice - Sicurezza per gli operatori, risparmio per la struttura

S.HO.W.- Safety Hospital Work è l’innovativo sistema di aspirazione a circuito chiuso dei liquidi organici e non, presenti in grandi quantità nelle strutture ospedaliere.S.HO.W. è stato progettato e realizzato dalla ditta IN.CAS. srl per permettere agli operatori sanitari di gestire in sicurezza i liquidi organici e non derivanti dalle procedure sanitarie.Già presente in molte strutture ospedaliere e cliniche private in Italia e all’estero è un reale successo del made in Italy.E’ particolarmente indicato in sala endoscopica e operatoria di urologia, nelle degenze, nella pratica della C.V.V.H. in terapia intensiva, in ortopedia nell’artroscopia. Pensato specificatamente per eliminare le problematiche legate alla raccolta, allo smaltimento e ai relativi costi, S.HO.W. apporta i seguenti vantaggi alla struttura sanitaria: „„ Raccolta dei liquidi in maniera semplice e sicura „„ Sicurezza per gli operatori

„„ Importante riduzione dei costi „„ Ottimizzazione del personale e dei processi operativi. Una volta collegato, tutta la gestione della raccolta dei liquidi è affidata ad esso in totale sicurezza degli operatori che non verranno mai a contatto con i liquidi neppure in modo accidentale. Infatti S.HO.W. aspira e disinfetta, se necessario, i liquidi azzerando il rischio di contaminazione biologica da parte degli operatori.Con S.HO.W. si annulla il rischio di sollevamento di carichi e quindi il rischio di fuoriuscita dei liquidi biologici per rottura accidentale e/o rischi dovuti alla rimozione e movimentazione delle sacche e/o contenitori .S.HO.W. abbatte il rischio di contaminazione da agente biologico e il conseguente rischio per gli operatori sanitari di contrarre patologie infettive, venendo a contatto con liquidi biologici potenzialmente contaminati. Il grande impegno di progettazione ha permesso a IN.CAS. S.r.l. di ottenere il brevetto internazionale per una nuova ed esclusiva funzione, la disinfezione in tempo reale dei liquidi biologici durante la fase d’aspirazione da paziente infetto.Con l’utilizzo di S.HO.W. si ottimizza l’impiego del personale in sala,

che non è impegnato nelle frequenti sostituzioni dei contenitori monouso (3L), durante l’intervento chirurgico, perché l’aspira-liquidi ha un serbatoio dalla capacità di 60L.L’apparecchio ha comandi intuitivi, immediati e sequenziali e consentono all’operatore lo svolgimento in sicurezza di tutte le manovre sia in fase di aspirazione sia nella fase di scarico e nella disinfezione.Con l’uso di S.HO.W. si riduce notevolmente l’uso di contenitori monouso di materiale plastico che va a pesare economicamente sulle spese del reparto, con conseguente riduzione di rifiuti speciali.La ridotta produzione di rifiuti speciali da inviare all’inceneritore, ottenuta con l’utilizzo di S.HO.W. fa sì che S.HO.W. possa essere considerata una “green equipment”. www.incas-show.com.

Linea sterile: servizi integrati per il settore sanitario

Linea Sterile è una innovativa unità produttiva operante esclusivamente nel settore sanitario, progettata per la fornitura del Servizio Integrato di noleggio ricondizionamento e logistica dei Dispositivi Tessili per reparti, divise per il personale con installazione di Sistemi di Distribuzione Automatizzata, Dispositivi Medici Sterili in Tessuti Tecnici Ricondizionabili, a norma UNI EN 13795, fornitura e gestione in Service di dispositivi sterili Monouso, noleggio e sanificazione Materasseria e Sistemi Antidecubito integrata a servizio di gestione guardaroba presso i presidi. La crescita professionale e qualitativa del loro processo è testimoniata anche dall’applicazione di rigidi sistemi di controllo certificati in conformità con le norme UNI EN ISO 9001,UNI EN 13485, UNI EN ISO 14001, BS OHSAS 18001, Norma SA8000,UNI EN 14065 e, l’accreditamento allo standard ANMDO/CERMET per la progettazione ed erogazione di servizi di sterilizzazione teleria e camici in Kit Sterili per campo operatorio. I moderni impianti industriali presenti nello stabilimento di Gatteo (FC) hanno permesso di servire ogni anno oltre 10.000 operatori sanitari e più di 3.000 posti letto all’interno di 25 strutture ospedaliere delle aree Romagna e Marche. Annualmente circa 60.000 campi operatori vengono allestiti con Kit per sala operatoria in Tessuto Tecnico Ricondizionabile forniti da Linea Sterile S.p.A. www.lineasterile.com

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Oggi, il mondo di domani

Oggi il mondo di domani è l’impegno ad agire per un presente responsabile ed un futuro sostenibile. Per Bristol-Myers Squibb significa scoprire, sviluppare e offrire terapie innovative per aiutare i pazienti a sconfiggere malattie gravi. Ma significa anche avere la piena consapevolezza degli obblighi verso la comunità locale e globale, trasformandoli in impegno concreto. Il nostro impegno guarda al futuro e

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alle realtà più lontane ma inizia nel presente e dai luoghi a noi più vicini. Oggi per il domani.